Maria Rosa Panzera

Maria Rosa Panzera

Astrocuriosità | gennaio 2016 – L’Universo si sta spegnendo.

La curiosità del mese a cura di Gabriele Ghisellini L’età dell’oro è finita.L’epoca in cui le stelle si formavano ad un ritmo forsennato, producendo stelle, supernovae, stelle di neutroni e buchi neri è tramontata.È finita quasi dappertutto la bulimia dei buchi neri al centro delle galassie, condannati adesso ad una dieta ferrea a base di qualche sporadica stella di passaggio, una ogni centomila anni. Sì è vero, le stelle si formano ancora, proprio vicino a noi c’è la costellazione di Orione con le sue stelle blu, stelle bambine appena formate, ma il baby boom stellare è finito. Questo andamento è caratteristico di tutte le galassie, non solo della nostra. Quasi tutte le galassie dell’Universo hanno formato stelle fin dai primordi dell’Universo stesso, e continuano anche adesso, ma con ritmi diversi.La massima produzione di stelle si è avuta circa 10 miliardi di anni fa, e da allora la natalità stellare sta diminuendo: adesso le galassie, in media, fanno 10 volte meno stelle di 10 miliardi di anni fa (vedi Fig. 1). Il Sole e il sistema solare si sono formati circa 5 miliardi di anni fa e quindi in un’epoca in cui la produzione di stelle era già calata rispetto al massimo.È stata una fortuna per noi, per due motivi molto validi. Il primo è che se il Sole si fosse formato 5 miliardi di anni prima, probabilmente saremmo stati circondati da molte altre stelle, tra cui anche stelle più grandi del Sole, dalla vita breve e violenta, che sarebbero scoppiate vicino a noi, e probabilmente avrebbero reso più difficile la nascita della vita sulla Terra.L’altro motivo è che 10 miliardi di anni fa l’abbondanza degli elementi diversi dall’idrogeno e dall’elio sarebbe stata minore, e anche questo avrebbe reso più difficile avere sulla Terra gli ingredienti necessari alla nascita della vita. Sappiamo già che l’Universo, espandendosi, diventa sempre meno denso di materia e di luce.La radiazione di fondo, residuo fossile del […]

Astrocuriosità | dicembre 2015 – Quando meno te l’aspetti

La curiosità del mese a cura di Tomaso Belloni Nella nostra galassia sono presenti forti sorgenti di radiazione X, sistemi contenenti stelle di neutroni o buchi neri. Quando i nostri telescopi per osservare l’universo in raggi X sono diventati più precisi e sensibili, abbiamo potuto cominciare a osservare sorgenti X all’interno di altre galassie, aspettandoci di trovare oggetti simili.Puntualmente li abbiamo trovati e ne conosciamo ormai centinaia. Non sono mancate però le sorprese.Alcune di queste sorgenti sono molto più luminose di quelle della nostra galassia (e vengono chiamate sorgenti X ultra-luminose, ULX dall’inglese Ultra-Luminous X-ray sources). Dato che stiamo osservando ora diverse galassie in confronto a una sola, la nostra, potrebbe apparire normale che si trovino dei sistemi più luminosi, dato che è difficile che proprio il nostro sistema contenga i più luminosi.Il problema sta nel fatto che queste sorgenti in altre galassie sono anche più luminose del limite massimo di luminosità per oggetti di questo tipo, e in alcuni casi molto più luminose.C’è un limite alla luminosità? Considerazioni generali suggeriscono di sì.L’energia per l’emissione X proviene da materia che accresce sull’oggetto compatto.Supponiamo che questa materia cada proveniendo da tutte le direzioni e che la radiazione emessa vada anch’essa in tutte le direzioni.Se il gas che cade per unità di tempo supera un certo limite, calcolabile, la radiazione sarà così intensa che gli impedirà di accrescere, abbassando quindi la luminosità. Insomma, il processo stesso ha un limite.Ora, l’accrescimento non è uniforme in tutte le direzioni e ci sono altre variabili, ma un limite generale comunque si può stimare e in questo caso siamo ben oltre.Dato che il limite dipende dalla massa dell’oggetto compatto, i buchi neri possono fornire luminosità più alte e sono i candidati più ovvii.La comunità è divisa in due campi.Il primo sostiene che i buchi neri nelle ULX sono molto più massicci: invece delle tipiche 10 masse solari avrebbero centinaia o migliaia di masse solari, cosa che innalzerebbe di un fattore corrispondente il limite. Il problema è […]

Astrocuriosità | novembre 2015 – C’è nessuno là fuori?

La curiosità del mese a cura di Gabriele Ghisellini L’Universo è grande, grande in un un modo difficile da immaginare.Ci sono più di 100 miliardi di stelle nella nostra Galassia, e si stima che nell’Universo che riusciamo ad osservare ci siano circa 100 miliardi di galassie come la nostra.E quindi ci sono almeno diecimila miliardi di miliardi di stelle nell’Universo visibile.Questi numeri “astronomici” fanno nascere in ognuno di noi la domanda: ma possibile che non esistano altre civiltà intelligenti, oltre alla nostra, nell’Universo? O addirittura nella nostra Galassia?Per tanto tempo l’umanità è riuscita solo a fare affermazioni categoriche, con motivazioni che non avevano nulla a che fare con la razionalità scientifica, e molto a che fare con dogmi di fede.Da una parte e dall’altra: credere letteralmente alla Bibbia, e affermare che la vita è solo qui, sulla Terra, o al contrario giurare di aver visto UFO e alieni è quasi sempre una questione di fede irrazionale …Nel 1961, invece, Frank Drake diede una prima stima razionale di quante potessero essere le civiltà di esseri intelligenti in grado di comunicare, presenti adesso nella nostra Galassia, la Via Lattea.Chiamiamo tale numero con la lettera N.Drake pensò che N doveva dipendere da quante stelle avevano dei pianeti, e quanti di questi potevano ospitare forme di vita. Di queste ultime solo alcune hanno sviluppato forme di vita intelligente, fino ad arrivare alla capacità di comunicare con altri pianeti.Allora si può stimare N come il prodotto di un po’ di fattori:N = R x Fp x Ne x Fl x Fi x Fc x Tdove: È un procedimento “a cascata”: si parte da quanti pianeti ci sono per arrivare a stimare quanti di questi ospitino forme di vita non solo intelligenti, ma che addirittura abbiano sviluppato una tecnologia sufficientemente avanzata per poter comunicare con esseri in altri pianeti.E sappiamo già che N non può essere minore di uno, dato che l’uomo sulla Terra soddisfa […]

Astrocuriosità | ottobre 2015 – AstroSat: si riapre una finestra sull’Universo

La curiosità del mese a cura di Tomaso Belloni Una nuova agenzia spaziale si aggiunge alle poche che hanno attualmente in orbita satelliti per osservazioni astronomiche. Dopo NASA, ESA, JAXA (l’agenzia spaziale giapponese, il cui satellite Suzaku è però stato spento recentemente) e Russia, anche l’India da questa mattina dispone di un osservatorio spaziale.Alle 10:00 ora indiana (le 6:30 ora italiana), il vettore PSLV-C30 è partito dal Satish Dhawan Space Center nel sud-est dell’India (tutte le base spaziali sono nell’est dei paesi, dato che i lanci sono tutti verso est per via della rotazione della terra e si vuole evitare che in caso di problemi il razzo cada su zone abitate; fa eccezione la Russia, che però lancia da una zona dove di abitato c’è poco). Come dice il nome, PSLV-C30 è stato il trentesimo lancio con questo vettore e tutti i lanci hanno avuto successo. Il lancio è andato perfettamente e AstroSat è stato immesso nell’orbita programmata, 650 km di altitudine e 6 gradi di inclinazione, insieme a altri sei satelliti, uno Indonesiano, uno Canadese e quattro microsatelliti Statunitensi, ovviamente non nella stessa orbita e non in possibile rotta di collisione fra di loro.I pannelli solari sono stati spiegati e tutto appare funzionare normalmente.L’accensione e la verifica degli strumenti a bordo comincerà fra pochi giorni.AstroSat è una missione quasi completamente indiana, con una piccola partecipazione dell’Università di Leicester nel Regno Unito e dell’Agenzia Spaziale Canadese.Ma qual è la caratteristica che rende questo satellite importante per la ricerca astronomica?A bordo ci sono diversi strumenti: un telescopio ottico/ultravioletto, un telescopio per raggi X, uno strumento per raggi X di alta energia, un monitor per osservare tutto il cielo in raggi X e tre grandi contatori proporzionali a gas per osservazioni in raggi X.Mentre i primi di questi sono strumenti di cui esistono attualmente controparti funzionanti, i contatori proporzionali costituiscono uno strumento unico: il LAXPC (Large-Area X-ray Proportional Counter, contatore proporizionale a grande area per […]

Astrocuriosità | settembre 2015 – Il Paradosso di Picasso

La curiosità del mese a cura di Gabriele Ghisellini A chi gli chiedeva che cos’era il tempo, S. Agostino rispondeva: “Quando non me lo chiedi lo so, quando me lo chiedi non lo so più …“.Dopo la morte di Michele Besso, il più caro amico di Einstein, questi scrisse alla moglie che il tempo non è altro che un’ostinata e persistente illusione. Einstein è stato lo scienziato che più di ogni altro ha scardinato la nostra ingenua percezione del tempo come qualcosa che fluisce inesorabile, sempre allo stesso modo. Il fluire del tempo infatti non è sempre lo stesso.Due persone che viaggiano una rispetto all’altra non sono più d’accordo su quale ora sia. Allo stesso modo, due orologi che sono stati sincronizzati nello stesso posto, qui sulla Terra, non segnano più la stessa ora quando li mettiamo ad altezze diverse.Tenete presente che questo è vero, cioè è stato misurato … E la differenza che si misura è in perfetto accordo con quanto prescrive la relatività generale di Einstein.Se ci pensate un po’ su, è veramente incredibile.Il fluire del tempo dipende dalla gravità. Più la forza di gravità è grande, e più lentamente il tempo fluisce. Pensiamo ad una malattia come il cancro che ai nostri giorni viene giudicata incurabile. Si prende un’astronave, si va vicino ad un buco nero, e si sta lì qualche ora.Per evitare di diventare uno spaghetto (vedi curiosità di luglio 2013) lo si deve scegliere grande e, per evitare di consumare tutto il carburante cercando di non essere ingoiati dal buco nero, lo si deve scegliere ruotante.Poi, passato qualche tempo, si torna sulla Terra.Secondo l’orologio e il calendario che è stato vicino al buco nero, il viaggio è durato in tutto un mese.Ma quando si torna sulla Terra si scopre che sono passati 50 anni, e che la cura per il cancro è stata trovata. Una pillola, e si guarisce.Purtroppo non abbiamo buchi neri vicini raggiungibili per poter fare questo esperimento, ma se […]

Astrocuriosità | luglio 2015 – Una nuova “eruzione” nella costellazione del Cigno

La curiosità del mese a cura di Tomaso Belloni Nel 1989 il satellite giapponese per astronomia X Ginga (Galassia) ha scoperto una nuova sorgente X molto brillante nella costellazione del Cigno.Nuova significa che prima non era osservabile con gli strumenti a disposizione.È stata chiamata GS2023+338 (combinazione della sigla del satellite Ginga e delle coordinate celesti della sorgente).Era subito apparsa come una sorgente dalle proprietà eccezionali: brillantissima in raggi X e molto variabile.Purtroppo ai tempi gli unici strumenti a disposizione nella banda X erano quelli di Ginga e ben poche osservazioni in altre bande sono state fatte.Da osservazioni con telescopi ottici (la sua stella compagna è una stella variabile nota, V404 Cyg) sappiamo che si tratta di un sistema binario contenente un buco nero di circa 14 volte la massa del sole.Dopo un periodo di attività di alcuni mesi era tornata molto debole, ma sempre leggermente attiva in raggi X, un po’ come un vulcano inattivo che ogni tanto manda qualche rombo. Con questi oggetti a volte basta aspettare.In febbraio osservazioni con la rete di radiotelescopi VLA negli Stati Uniti hanno mostrato un aumento di attività, per cui ci si aspettava potesse arrivare un’altra “eruzione“, anche se come nel caso dei vulcani senza averne la certezza.Il 17 giugno di quest’anno lo strumento giapponese MAXI a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (si tratta di uno strumento non manovrato dagli astronauti, semplicemente si trova in un modulo della stazione) ha segnalato un forte aumento di radiazione X da GS 2023+338 e poco dopo sono cominciati dei veri e propri fuochi d’artificio.Molto presto è diventata brillantissima e ha cominciato a mostrare grande variabilità.Tutti i satelliti per astronomia X e gamma attualmente funzionanti l’hanno osservata e la stanno osservando, decine di radiotelescopi e telescopi ottici continuano intense campagne osservative.Non passa giorno che non appaia una comunicazione di nuove osservazioni sul sito “Astronomer’s Telegram”, il telegramma dell’Astronomo, il modo tradizionale per gli astronomi per fare comunicazioni urgenti alla comunità.Nei raggi X piu duri (ovvero a più […]

Astrocuriosità | giugno 2015 – Oceani di luce

La curiosità del mese a cura di Gabriele Ghisellini Lontano dal nostro sistema solare, lontano dalla nostra Galassia, lontano dal gruppo locale delle galassie vicine a noi, non saremmo soli. E soprattutto non saremmo al buio.Saremmo immersi in un oceano di onde elettromagnetiche di tutte le frequenze possibili. Per esempio, in ogni centimetro cubo, qualsiasi centimetro cubo del nostro Universo, potreste contare 400 fotoni radio, ognuno con una lunghezza d’onda di circa 3 millimetri, che corrisponde ad una frequenza di 100 GigaHerz. E trovereste anche parecchi fotoni infrossi, ottici, e poi raggi X e raggi gamma.Questi ultimi sono più rari, ma ognuno di loro è molto più energetico dei fotoni radio o ottici. È come se vi trovaste in un oceano fatto di luce di tutti i tipi, ed ogni tanto trovaste qualche piccola isola, cioè una galassia, oppure un arcipelago, cioè un gruppo di galassie.Forse questo è un buon modo per immaginare l’Universo stesso: una immensità dove la materia è raggruppata in piccole isole, in mezzo ad oceani di luce. Ma da dove viene la luce che riempie tutto l’Universo? Dipende dalla sua lunghezza d’onda. Abbiamo già detto che le onde radio di alta frequenza sono il residuo del Big Bang (vedi curiosità del mese di maggio 2013).La stragrande maggioranza di questa radiazione è stata prodotta dall’annichilazione di materia e di antimateria (addirittura!), nei primi istanti del nostro Universo.Prima di questa grande annichilazione protoni e antiprotoni (e anche elettroni e positroni) abbondavano … Per ogni protone che esiste adesso, ce n’erano un miliardo allora, e un miliardo di antiprotoni. O meglio, c’era un miliardo e un protone, e un miliardo di antiprotoni. Non c’era un equilibrio perfetto, i protoni (cioè la materia) erano un pizzico di più degli antiprotoni. È per questo motivo che dopo la grande annichilazione tutta l’antimateria è scomparsa ed è sopravvissuto un protone ogni miliardo. Tutta la materia che c’è nell’Universo di oggi è la materia sopravvissuta da allora, appena un miliardesimo di quella che c’era.In compenso, per ogni protone, ci sono un miliardo […]

Astrocuriosità | maggio 2015 – Un balletto di buchi neri

La curiosità del mese a cura di Tomaso Belloni La struttura dell’universo si è molto probabilmente formata attraverso la fusione progressiva di galassie, partendo da sistemi più piccoli.Quest’idea è rinforzata dall’osservazione di molte galassie nel cui centro c’è una coppia di buchi neri supermassicci, i nuclei delle due galassie che si sono fuse.La coppia di buchi neri, in orbita uno intorno all’altro, si deve avvicinare a causa dell’emissione di onde gravitazionali, fino alla loro fusione e alla formazione di un buco nero ancora più massiccio.Se questo è vero, devono esistere delle galassie al centro delle quali c’è una coppia di buchi neri molto vicini e forse ne abbiamo osservata una. Un team di astronomi americani (una collaborazione su larga scala geografica, dal Maryland alle Hawaii, quasi ottomila chilometri) ha annunciato di avere osservato un nucleo di una galassia (che va sotto il nome di PSO J334.2028+01.4075, e poi ci lamentiamo del nome della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko) la cui emissione ottica mostra una periodicità di circa un anno e mezzo.Sono stati osservati circa due cicli e mezzo, ovvero meno di tre orbite dei due buchi neri, ma per una conferma definitiva basterà aspettare e continuare a osservare.La massa totale dei due buchi neri è stimata intorno a 10 miliardi di volte quella del sole e orbitano a una distanza di 0.007 parsec, pari a circa 1000 volte la distanza della terra dal sole (l’unità astronomica).Dato che un buco nero di massa paragonabile ha un “raggio” di 200 unità astronomiche, i due buchi neri non sono poi molto lontani dal toccarsi.Una coppia come questa forma un oggetto straordinario, perchè la sua emissione di onde gravitazionali deve essere molto intensa. Sarebbe importante trovarne degli altri.Questa coppia è stata trovata all’inizio di una ricerca sistematica di quasar variabili, per cui nuove scoperte simili probabilmente arriveranno presto. L’anno scorso poi è cominciata la costruzione del Large Synoptic Survey Telescope (LSST), un grande telescopio che potrà osservare tutto il cielo visibile (dal nord del Cile) ogni tre notti, mentre i dati […]

Astrocuriosità | aprile 2015 – Grasso è bello

La curiosità del mese a cura di Gabriele Ghisellini Da una ventina d’anni sappiamo che nel centro di ogni galassia esiste un buco nero di taglia enorme. Da qualche milione a qualche miliardo di masse solari.Anche la nostra Via Lattea non fa eccezione: il nostro buco nero centrale, che sia chiama Sagittario A*, è piccolo rispetto ai pesi massimi: solo 4 milioni di masse solari.Per millenni questa regione centrale della Via Lattea è stata preclusa all’occhio umano, perchè la sua luce visibile è pesantemente assorbita dalle polveri che circondano il centro galattico.Ma adesso possiamo osservare il cielo usando onde radio, luce infrarossa e raggi X, che sono molto meno assorbiti.Abbiamo perfino visto le stelle vicino al centro galattico muoversi, e abbiamo potuto calcolare l’orbita, e quindi calcolare la massa del corpo centrale attorno al quale girano queste stelle (il buco nero appunto!). Se buchi neri di 4 milioni di masse solari vi sembrano enormi, vi dovete ricredere … Abbiamo già visto che più è grande la galassia ospite, più è pesante il suo buco nero centrale.Le enormi galassie ellittiche che esistono al centro degli ammassi di galassie possono avere, nel loro centro, buchi neri di taglia XXL: miliardi di masse solari. Ma come hanno fatto a diventare così grossi?Non lo sappiamo con precisione: sappiamo che alla nascita erano molto più piccoli, ma non sappiamo quanto.Un centinaio di masse solari? Oppure centomila? Si sta ancora discutendo.Ma di sicuro, per diventare dei pesi massimi, tutti i buchi neri hanno dovuto ingoiare tutta la massa di cui sono fatti.La materia intorno al buco nero ne viene attratta e ci cade dentro.Avvicinandosi al mostro è molto probabile che la materia formi un disco (che viene chiamato disco di accrescimento), e che alla fine del viaggio di non ritorno vada ad ingrossare il buco nero stesso.Nel viaggio la materia libera enormi quantità di energia, producendo una luminosità che può superare di gran lunga quella di tutte le stelle della galassia messe insieme.Ma questo processo, per quanto drammatico e imponente, non può far crescere il buco nero in pochi milioni di anni. Ne occorrono di […]

Astrocuriosità | marzo 2015 – Scusi dov’è il Nord?

La curiosità del mese a cura di Tomaso Belloni Oggi parliamo della stella polare (nome ufficiale Polaris).Se chiedete in giro molti vi risponderanno che si tratta della stella più brillante del cielo, cosa assolutamente non vera.La stella più brillante del cielo è Sirio, ben visibile nelle notti invernali. Polaris è tremila volte meno brillante di Sirio.Però come tutti sanno indica il nord, trovandosi esattamente nella posizione del polo nord celeste, ovvero il prolungamento dell’asse di rotazione della terra.In realtà non è nemmeno vero questo: è vicina, ma non coincidente.Ai nostri giorni si trova a 0.75 gradi dal polo, ovvero a una distanza angolare pari a quasi una volta e mezza la dimensione apparente della luna.Dico ai nostri giorni perchè l’asse della terra di sposta seguendo il moto di precessione (come una trottola), per cui nel tempo il polo celeste si sposta.Cinquemila anni fa il ruolo di stella polare era interpretato dalla stella Thuban nella costellazione del drago, molto meno brillante.0.75 gradi è abbastanza vicino al polo per permetterne l’uso per la navigazione. Al polo sud non siamo così fortunati: la stella visibile a occhio nudo più vicina al polo sud celeste è Sigma Octantis, che però è appena visibile a occhio nudo in una notte serena, quindi poco utilizzabile per navigare. OK. Polaris è una stella che oggi è vicino al polo celeste ed è la stella più brillante della costellazione dell’Orsa Minore.Ma che stella è?Si tratta di una supergigante gialla con una massa di quattro volte e mezza quella del nostro sole, situata a più di 400 anni luce da noi.Due cose vale la pena di dire su Polaris. La prima è che si tratta di una stella variabile del tipo Cefeide, ovvero una stella che varia la sua luminosità periodicamente con un periodo di circa quattro giorni. Le Cefeidi sono un tipo di stelle fondamentali per l’astronomia (vedi la curiosità di novembre 2009 “Cosa sono le Candele Standard?” di Gabriele Ghisellini).La seconda cosa da dire è che Polaris non è una stella singola, ma un sistema multiplo.La luce che vediamo è principalmente della stella A, ma ci […]