Maria Rosa Panzera

Maria Rosa Panzera

Astrocuriosità | marzo 2014 – Perchè la settimana dura sette giorni?

La curiosità del mese a cura di Gabriele Ghisellini Quando non c’erano le luci elettriche, e le notti erano buie, l’umanità guardava il cielo per molto più tempo di adesso e lo conosceva molto meglio di noi.L’impressione di essere sovrastati da qualcosa di grande e maestoso ha fatto sì che il Sole, i pianeti e la Luna fossero identificati con divinità.Dall’alto degli ziggurat, gli astronomi babilonesi di 4000 anni fa già registravano le posizioni dei corpi celesti, che identificarono con le loro divinità.Per farlo, inventarono il sistema sessagesimale, che usiamo ancora oggi quando dividiamo un cerchio in 360 gradi, ogni grado in 60 minuti, e ogni minuto in 60 secondi.Nella ricca Mesopotamia (la terra tra i due fiumi, il Tigri e l’Eufrate), gli astronomi babilonesi, scoprirono che ogni 365 giorni il cielo si ripresentava uguale, e che la luna compiva il suo ciclo in poco più di 29 giorni. E questo ciclo si poteva dividere in 4 parti: luna nuova, primo quarto, luna piena, ultimo quarto, e nuovamente luna nuova.Era quindi naturale pensare all’anno e al mese come divisioni naturali del tempo. Scrutando attentamente il cielo ogni notte, si scoprì che c’erano sette corpi che cambiavano posizione rispetto alle stelle fisse.Erano, e sono, il Sole, la Luna, Marte, Mercurio, Giove, Venere e Saturno.Cioè i 5 pianeti visibili ad occhio nudo più il Sole e la Luna.  La parola “pianeta” deriva dal greco “planetes asteres”, cioè stelle erranti, stelle vagabonde, e il nome includeva anche il Sole e la Luna.In Mesopotamia, si credeva che gli dei si prendessero cura di ogni giorno, ma a turni di un’ora ciascuno.Il nome del giorno è derivato quindi dal dio a cui toccava la prima ora.Naturalmente i nomi degli dei sono cambiati, ma gli dei sono gli stessi: il dio associato alla luna “governava” il lunedì anche nei tempi antichi, il dio associato a Marte il martedì, e così via.La suddivisione in sette giorni non fu adottata subito da tutti i popoli antichi.Gli antichi romani, per esempio, suddividevano il mese, che era di 30 o 31 giorni, in nundine che erano […]

Astrocuriosità | febbraio 2014 – Il ballo in maschera

La curiosità del mese a cura di Tomaso Belloni I telescopi ottici usano specchi (sempre più grandi) per concentrare la luce ed essere più sensibili: praticamente diventano occhi giganti. Per riflettere, uno specchio deve essere liscio, ma quanto è liscio dipende dalla lunghezza d’onda della radiazione incidente (dopotutto la superficie del mio tavolo è liscia per me, ma certamente non lo è per un piccolissimo afide).I raggi X hanno una lunghezza d’onda molto inferiore a quella della luce visibile, per cui uno specchio tradizionale non può funzionare.Per i raggi X di energia bassa (e quindi lunghezza d’onda alta) vengono costruiti specchi particolari, di cui parleremo in un’altra “curiosità”, ma a energie più alte di specchi proprio non se ne parla.Esiste però un modo per registrare un’immagine senza lenti nè specchi e molti di noi l’avranno forse sperimentato da bambini: il foro stenopeico. Una scatola da scarpe con un buchino e una pellicola fotografica dalla parte opposta. La luce passa dal buco e impressiona la pellicola, formando un’immagine.Funziona anche con i raggi X, basta sotituire alla scatola da scarpe un contenitore a prova di raggi X e alla pellicola uno strumento per rivelarli.Però sorge subito un problema: attraverso un buchino passa ben poca luce e le sorgenti X in cielo sono molto deboli.Si potrebbero fare due buchi: ciascuno proietta un’immagine. Le due immagini saranno identiche, ma traslate, per cui basterà sovrapporle. Ma anche due buchi sono pochi.Esiste un modo di farne tanti, di buchi, e ricostruire l’immagine? .La risposta è sì, basta che la distribuzione dei buchi sulla nostra “scatola da scarpe” non abbia ripetizioni, ovvero che nessuna disposizione dei buchi si ripeta.Questo si può fare per esempio facendo una griglia casuale di casella piene e caselle vuote.Ogni sorgente nel campo di vista del nostro “telescopio” proietta sul rivelatore un’immagine uguale a quella della griglia in modo corrispondente alla sua posizione.Con un computer si può poi ricostruire un’immagine del cielo. È il principio della maschera codificata. Lo strumento Burst Alert Catcher (BAT) […]

Astrocuriosità | gennaio 2014 – Miss Universo

La curiosità del mese a cura di Gabriele Ghisellini Francia, 1774.Charles Messier (Fig. 1) pubblica il primo catalogo di sorgenti celesti diverse dalle stelle (Fig. 2). Diverse perchè al telescopio mostrano un aspetto nebulare, non puntiforme. Messier era un cacciatore di comete, e voleva distinguere facilmente una cometa, che giorno per giorno si muove nel cielo, dagli oggetti nebulosi che sono simili alle comete, ma che rimangono fissi nel cielo. Ancora oggi usiamo la sua classificazione, quando indichiamo con M31 (Fig. 3) la galassia di Andromeda, o con M15 (Fig. 4) un ammasso globulare.Charles Messier fu anche lo scopritore della prima nebulosa planetaria, la Nebulosa Manubrio, elencata come M27 (Fig. 5) nel suo catalogo. Ai suoi tempi si era lontani dal capire la vera natura di questi oggetti. Si credeva che tutti appartenessero alla nostra galassia, ma non si aveva nessuna idea della loro distanza. Ci vollero parecchi decenni prima di capire che le nebulose non avevano tutte la stessa origine, ma appartenevano ad alcune grandi categorie.Alcune nebulose, dalla forma sferica, sono ammassi globulari. Conglomerati di centinaia di migliaia di stelle molto vecchie, probabilmente testimoni della formazione della Via Lattea, la nostra Galassia. Ad un piccolo-medio telescopio, gli ammassi globulari appaiono come una nebbiolina attorno ad una sorgente di luce centrale, e non si distinguono le stelle. Altre nebulose sono proprio galassie come la nostra, anche se ci vollero quasi due secoli per capirlo. Memorabile è rimasto un dibattito pubblico avvenuto a Washington il 26 Aprile del 1920, tra Harlow Shapley e Heber Curtis. Tutti e due famosi astronomi, il primo sosteneva che la Via Lattea era l’unica galassia dell’Universo, ma che il Sole occupava una posizione periferica, non era posto nel centro. Il secondo era convinto invece che le “nebulose a spirale”, come venivano chiamate le sorgenti come M31 (Andromeda – vedi Fig. 3) o M51 (Cani da Caccia; vedi Fig. 6) erano in realtà galassie poste al di fuori della Via Lattea. Sosteneva inoltre che il Sole era […]

Astrocuriosità | dicembre 2013 – Spostati un po’ verso il rosso

La curiosità del mese a cura di Tomaso Belloni Abbiamo già parlato dei getti relativistici emessi da sistemi celesti contenenti un buco nero (vedi la curiosità di febbraio 2010 – Tieni chiusa la bocca quando mangi!).Ogni tanto il mostro al centro del sistema, che si tratti di un sistema binario di stelle o del nucleo di una galassia, non mangia tutto il gas che gli arriva, ma ne butta fuori una parte sotto forma di sottili getti che vengono osservati con i radiotelescopi.In realtà, non siamo completamente sicuri che si tratti di materia che viene espulsa: questi getti potrebbero portare molta energia ma poca materia.Come al solito, non possiamo certo andare a toccare con mano per vedere se ci sono degli atomi e dobbiamo accontentarci di osservazioni con i telescopi.Esiste una sorgente (SS 433) in cui c’è evidenza diretta della presenza di materia nei getti, ma si tratta di un sistema peculiare con getti “lenti” (anche se sempre con una velocità pari a una frazione consistente di quella della luce). Recentemente una osservazione fatta da un gruppo di ricercatori in parte italiani ha permesso di risolvere l’enigma, almeno per una sorgente (vedi MediaInaf del 13/11/2013 – Buchi neri “sparatutto”).Il telescopio è il satellite europeo per astronomia in raggi X XMM-Newton e la sorgente è un sistema binario contenente un buco nero, chiamato 4U 1630-47 (4U indica che è una sorgente nel quarto catalogo del satellite Uhuru, il primo satellite per astronomia X, i numeri sono le coordinate nel cielo).Negli spettri in raggi X di questi sistemi binari viene spesso osservata una riga di emissione proveniente da atomi di ferro, le cui caratteristiche peculiari permettono di associarla al disco di accrescimento formato dalla materia che spiraleggia verso il buco nero.Dato che la materia ruota molto rapidamente, queste righe sono molto larghe a causa dell’effetto Doppler associato alla materia che si muove intorno al buco nero (parte della quale si muove verso di noi, spostando la riga verso il blu, parte si allontana, spostando la riga verso il rosso, […]

Astrocuriosità | novembre 2013 – I mostri al centro delle galassie

La curiosità del mese a cura di Gabriele Ghisellini È da una quindicina di anni che sappiamo che al centro di ogni galassia risiede un mostro.Un buco nero enorme, pesante da un milione ad un miliardo di masse solari. Anche la nostra Via Lattea ne ha uno, da 4 milioni di masse solari.Una taglia tutto sommato “small”. La grande maggioranza di questi buchi neri se ne sta buona, in silenzio e al buio.Ma uno su cento invece, attirando il gas vicino, oppure catturando una stella incosciente che si avvicina troppo (vedi curiosità del luglio 2011), riesce a produrre luce quantità (vedi Fig. 2). Addirittura più dei 100 miliardi di stelle che formano una galassia come la nostra.Pensate alla Via Lattea, ai suoi bracci a spirali pieni di stelle. Pensate a quanto è grande: per attraversarla da un capo all’altro la luce impiega centomila anni. E pensate a quel minuscolo angolino, vicino al braccio di Orione, dove vive il nostro sistema solare (vedi Fig. 3). Una cosa insignificante, un volume piccolissimo. Però è proprio da un volume come il nostro Sistema Solare, ma posto al centro della Via Lattea, che certi buchi neri scatenano l’Inferno. Il nostro no, adesso è tranquillo, ma nel passato anche lui ha avuto una vita violenta. E probabilmente ci sarà qualche fuoco d’artificio molto presto, visto che sta arrivando una nuvola di gas che alimenterà il mostro per un po’ (vedi curiosità del settembre 2012). Un buco nero, si sa, è nero…. Non è lui che emette luce. È la materia che gli cade dentro che lo fa, prima di sparire nel gorgo di gravità da cui niente può sfuggire, neanche la luce.Il sistema è molto semplice: la materia, cadendo, si comprime, si scalda ed emette luce.Dato che l’energia così liberata aumenta avvicinandosi al buco nero, anche la luce emessa aumenta all’avvicinarsi del buco nero.Non troppo però! Perchè molto molto vicini alla distanza di “non ritorno” la luce viene catturata dal buco nero, e quindi non ci […]

Astrocuriosità | ottobre 2013 – Una scelta di campo!

La curiosità del mese a cura di Tomaso Belloni Nel 2009, il satellite per astronomia X Swift ha rivelato una nuova sorgente apparsa nel cielo.Osservazioni seguenti hanno mostrato che si tratta di una “magnetar”, ovvero di una stella di neutroni isolata simile a una pulsar, ma con un campo magnetico molto più alto.Questa sorgente, chiamata SGR 0418+5729, ruota su se stessa ogni 9.1 secondi, un periodo tipico per questo tipo di oggetti.Come si fa a sapere che il campo magnetico è molto alto? Dalla alta luminosità e da altre caratteristiche dell’emissione in raggi X.C’è però un problema. Una stella di neutroni isolata che ruota perde energia rallentando a poco a poco: in altre parole l’energia necessaria per emettere raggi X viene presa dalla rotazione della stella, che quindi rallenta. Rovesciando il ragionamento, dal rallentamento si può stimare quanta energia sia disponibile per emettere raggi X. Per questo oggetto in particolare, il campo magnetico stimato dalla velocità a cui rallenta è però molto più basso, tipico di una pulsar normale. Per superare questa incongruenza (emissione da campo alto, rallentamento da campo basso), una sorgente con un campo magnetico “basso” (si tratta sempre di centomila milioni di volte più forte di quello della terra alle latitudini italiane) che emette radiazione X come se ce l’avesse molto più alto, si è ipotizzato che il campo magnetico alla sua superficie non sia omogeneo, ma abbia delle “zone” in cui è molto più alto, legate alla struttura del campo magnetico interno. Recentemente, un team di ricercatori italiani ha analizzato dei dati del 2009 ottenuti con il satellite per astronomia X dell’ESA XMM-Newton e ha scoperto un effetto notevole che conferma questa ipotesi (vedi articolo su Nature).Prima però dobbiamo fare una parentesi: leggi nella box di lato a destra. Torniamo a SGR 0418+5729. Quello che i ricercatori italiani hanno scoperto è che non soltanto una riga di assorbimento in questa sorgente c’è ed è fortissima, ma anche che la sua energia varia di cinque volte in meno […]

Astrocuriosità | settembre 2013 – Beep radio dal cosmo profondo: un mistero

La curiosità del mese a cura di Gabriele Ghisellini Per tre volte nel 2011 e una nel 2012 il radiotelescopio australiano Parkes, mentre scandagliava il cielo alla ricerca di pulsars, ha ricevuto improvvisamente un segnale fortissimo, ma molto breve. Appena qualche millisecondo di durata. È come se, sentendo la radio ad un volume normale, improvvisamente sentissimo un beep lacerante, che in una frazione di secondo riuscisse a rompere gli altoparlanti della nostra radio. Per fortuna gli strumenti del radiotelescopio di Parkes sono più robusti, e non si sono rotti, lasciando i radioastronomi alle prese con un mistero.Si era già visto un unico evento di questo genere nel 2007, ma una rondine non faceva primavera, e i ricercatori erano scettici. Adesso invece non ci sono più dubbi. Questi strani lampi radio esistono.Possiamo paragonarli ai famosi lampi di luce gamma (vedi la curiosità di maggio 2011 e il nostro sito mono-tematico sui lampi di luce gamma), che conosciamo da 40 anni, ma questi durano generalmente di più (fino a qualche centinaio di secondi) e oltretutto adesso sappiamo che non sono visibili solo nei raggi gamma, ma anche alle altre lunghezze d’onda. Per questi beep radio, invece, non sappiamo ancora se emettono da qualche altra parte dello spettro elettromagnetico. Dalla direzione di arrivo dei beep si sapeva già che non provenivano dal piano della nostra Galassia, come si può vedere dall’immagine artistica della Fig. 2 e dalla Fig. 3. E dai differenti tempi di arrivo dei beep (vedi la box a lato con la stellina) si è riusciti a stabilire che la sorgente dei beep è a qualche miliardo di anni luce da noi!! (e tuttavia “ci spacca gli altoparlanti!!”). Incredibilmente potenti.Ma quanti ce ne sono? Se quattro in due anni vi sembran pochi, sentite qui. Un radiotelescopio non può sorvegliare tutto il cielo contemporaneamente, ma solamente un pezzettino alla volta. Quello che riesce ad inquadrare. Facendo i conti, si calcola che per far si’ che il radiotelescopio […]

Astrocuriosità | agosto 2013 – Anche quest’anno nella scia della cometa

La curiosità del mese a cura di Tomaso Belloni Agosto,lo sanno tutti cosa c’è di interessante in cielo ogni Agosto: le meteore del 10 agosto!In realtà sciami meteorici ce ne sono tutto l’anno, ma questo è molto denso, arriva in agosto quando la notte è tiepida (provate a uscire il 13 dicembre a vedere qualche meteora dello sciame delle Geminidi e vedrete che la voglia vi passa in fretta).Ma partiamo dall’inizio. C’è una cometa che orbita intorno al sole ogni 133 anni, chiamata Swift-Tuttle, scoperta nel 1862 da due astronomi con quei nomi.Ricordo che il legame tra le Perseidi e la cometa periodica Swift-Tuttle fu scoperto da Giovanni Virginio Schiaparelli nel 1866. Ovviamente questo oggetto di 26 chilometri di diametro è riapparso puntualmente nel 1992, quando è stato possibile vederlo con un binocolo, per poi tornare lontano dal sole. Passando lascia della polvere lungo la sua orbita, che quindi è ormai una striscia di granellini nel sistema solare.Ogni anno la terra, a metà agosto, nel suo moto di rivoluzione intorno al sole passa attraverso questa striscia di polvere. Quando una particella di polvere entra nell’atmosfera si scalda, brucia e lascia una scia infuocata nel cielo: quella che noi chiamiamo meteora. Sono granelli di piccole dimensioni, sassolini al massimo, e non arrivano più vicino a terra di una ottantina di chilometri, ma pur essendo piccoli il fenomeno è spettacolare. Ovviamente è possibile che in qualsiasi momento dell’anno un granello di polvere entri nell’atmosfera terrestre, ma quando passiamo dentro uno di queste strisce cometarie, e ce ne sono parecchie, il numero di meteore aumenta di molto e così la probabilità di osservarle. Durante il picco di agosto ce ne possono essere più di sessanta all’ora, una al minuto. Questo sciame di meteore si chiama sciame delle Perseidi. Questo perchè lo sciame si sta spostando nel cielo e il passaggio della terra fa sì che tutte le meteore sembrano venire da un […]