Maria Rosa Panzera

Maria Rosa Panzera

Astrocuriosità | maggio 2015 – Un balletto di buchi neri

La curiosità del mese a cura di Tomaso Belloni La struttura dell’universo si è molto probabilmente formata attraverso la fusione progressiva di galassie, partendo da sistemi più piccoli.Quest’idea è rinforzata dall’osservazione di molte galassie nel cui centro c’è una coppia di buchi neri supermassicci, i nuclei delle due galassie che si sono fuse.La coppia di buchi neri, in orbita uno intorno all’altro, si deve avvicinare a causa dell’emissione di onde gravitazionali, fino alla loro fusione e alla formazione di un buco nero ancora più massiccio.Se questo è vero, devono esistere delle galassie al centro delle quali c’è una coppia di buchi neri molto vicini e forse ne abbiamo osservata una. Un team di astronomi americani (una collaborazione su larga scala geografica, dal Maryland alle Hawaii, quasi ottomila chilometri) ha annunciato di avere osservato un nucleo di una galassia (che va sotto il nome di PSO J334.2028+01.4075, e poi ci lamentiamo del nome della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko) la cui emissione ottica mostra una periodicità di circa un anno e mezzo.Sono stati osservati circa due cicli e mezzo, ovvero meno di tre orbite dei due buchi neri, ma per una conferma definitiva basterà aspettare e continuare a osservare.La massa totale dei due buchi neri è stimata intorno a 10 miliardi di volte quella del sole e orbitano a una distanza di 0.007 parsec, pari a circa 1000 volte la distanza della terra dal sole (l’unità astronomica).Dato che un buco nero di massa paragonabile ha un “raggio” di 200 unità astronomiche, i due buchi neri non sono poi molto lontani dal toccarsi.Una coppia come questa forma un oggetto straordinario, perchè la sua emissione di onde gravitazionali deve essere molto intensa. Sarebbe importante trovarne degli altri.Questa coppia è stata trovata all’inizio di una ricerca sistematica di quasar variabili, per cui nuove scoperte simili probabilmente arriveranno presto. L’anno scorso poi è cominciata la costruzione del Large Synoptic Survey Telescope (LSST), un grande telescopio che potrà osservare tutto il cielo visibile (dal nord del Cile) ogni tre notti, mentre i dati […]

Astrocuriosità | aprile 2015 – Grasso è bello

La curiosità del mese a cura di Gabriele Ghisellini Da una ventina d’anni sappiamo che nel centro di ogni galassia esiste un buco nero di taglia enorme. Da qualche milione a qualche miliardo di masse solari.Anche la nostra Via Lattea non fa eccezione: il nostro buco nero centrale, che sia chiama Sagittario A*, è piccolo rispetto ai pesi massimi: solo 4 milioni di masse solari.Per millenni questa regione centrale della Via Lattea è stata preclusa all’occhio umano, perchè la sua luce visibile è pesantemente assorbita dalle polveri che circondano il centro galattico.Ma adesso possiamo osservare il cielo usando onde radio, luce infrarossa e raggi X, che sono molto meno assorbiti.Abbiamo perfino visto le stelle vicino al centro galattico muoversi, e abbiamo potuto calcolare l’orbita, e quindi calcolare la massa del corpo centrale attorno al quale girano queste stelle (il buco nero appunto!). Se buchi neri di 4 milioni di masse solari vi sembrano enormi, vi dovete ricredere … Abbiamo già visto che più è grande la galassia ospite, più è pesante il suo buco nero centrale.Le enormi galassie ellittiche che esistono al centro degli ammassi di galassie possono avere, nel loro centro, buchi neri di taglia XXL: miliardi di masse solari. Ma come hanno fatto a diventare così grossi?Non lo sappiamo con precisione: sappiamo che alla nascita erano molto più piccoli, ma non sappiamo quanto.Un centinaio di masse solari? Oppure centomila? Si sta ancora discutendo.Ma di sicuro, per diventare dei pesi massimi, tutti i buchi neri hanno dovuto ingoiare tutta la massa di cui sono fatti.La materia intorno al buco nero ne viene attratta e ci cade dentro.Avvicinandosi al mostro è molto probabile che la materia formi un disco (che viene chiamato disco di accrescimento), e che alla fine del viaggio di non ritorno vada ad ingrossare il buco nero stesso.Nel viaggio la materia libera enormi quantità di energia, producendo una luminosità che può superare di gran lunga quella di tutte le stelle della galassia messe insieme.Ma questo processo, per quanto drammatico e imponente, non può far crescere il buco nero in pochi milioni di anni. Ne occorrono di […]

Astrocuriosità | marzo 2015 – Scusi dov’è il Nord?

La curiosità del mese a cura di Tomaso Belloni Oggi parliamo della stella polare (nome ufficiale Polaris).Se chiedete in giro molti vi risponderanno che si tratta della stella più brillante del cielo, cosa assolutamente non vera.La stella più brillante del cielo è Sirio, ben visibile nelle notti invernali. Polaris è tremila volte meno brillante di Sirio.Però come tutti sanno indica il nord, trovandosi esattamente nella posizione del polo nord celeste, ovvero il prolungamento dell’asse di rotazione della terra.In realtà non è nemmeno vero questo: è vicina, ma non coincidente.Ai nostri giorni si trova a 0.75 gradi dal polo, ovvero a una distanza angolare pari a quasi una volta e mezza la dimensione apparente della luna.Dico ai nostri giorni perchè l’asse della terra di sposta seguendo il moto di precessione (come una trottola), per cui nel tempo il polo celeste si sposta.Cinquemila anni fa il ruolo di stella polare era interpretato dalla stella Thuban nella costellazione del drago, molto meno brillante.0.75 gradi è abbastanza vicino al polo per permetterne l’uso per la navigazione. Al polo sud non siamo così fortunati: la stella visibile a occhio nudo più vicina al polo sud celeste è Sigma Octantis, che però è appena visibile a occhio nudo in una notte serena, quindi poco utilizzabile per navigare. OK. Polaris è una stella che oggi è vicino al polo celeste ed è la stella più brillante della costellazione dell’Orsa Minore.Ma che stella è?Si tratta di una supergigante gialla con una massa di quattro volte e mezza quella del nostro sole, situata a più di 400 anni luce da noi.Due cose vale la pena di dire su Polaris. La prima è che si tratta di una stella variabile del tipo Cefeide, ovvero una stella che varia la sua luminosità periodicamente con un periodo di circa quattro giorni. Le Cefeidi sono un tipo di stelle fondamentali per l’astronomia (vedi la curiosità di novembre 2009 “Cosa sono le Candele Standard?” di Gabriele Ghisellini).La seconda cosa da dire è che Polaris non è una stella singola, ma un sistema multiplo.La luce che vediamo è principalmente della stella A, ma ci […]

Astrocuriosità | febbraio 2015 – Aurora

La curiosità del mese a cura di Gabriele Ghisellini Il nome Aurora sta balzando ai primi posti della classifica dei nomi più comuni dati alle neonate negli ultimi anni. Deriva dal latino e significa “brillare, far luce“. E infatti l’aurora è la luminosità rosso porpora del cielo prima dell’alba. Ma ne esiste un’altra, l’aurora boreale o australe, che è uno degli spettacoli più affascinanti che la natura può offrire.Peccato che queste aurore si vedano solo alle alte latitudini, vicino e oltre i circoli polari artici. Sembrano tende di luce che vengono mosse da una mano invisibile, sipari magici che introducono ad un incantesimo. Nessuno rimane indifferente al loro fascino. Ci vogliono tre ingredienti per generare le aurore: un’atmosfera, delle particelle cariche ed energetiche, e del campo magnetico. La nostra Terra possiede atmosfera e campo magnetico, mentre le particelle cariche ce le mette il nostro Sole, per mezzo del vento solare.Gli elettroni e i protoni del vento solare arrivano nei pressi della Terra dopo aver attraversato i 150 milioni di km che ci separano dal Sole (lo fanno in pochi giorni) e incontrano il campo magnetico della Terra.Sono particelle cariche, che sono obbligate a seguire le linee di campo magnetico, che convoglia queste particelle verso i poli magnetici della Terra, non molto distanti dal polo Nord e dal polo Sud. Via via che si avvicinano, gli elettroni energetici incontrano un’atmosfera sempre più densa, e verso i 1000 km di altezza cominciano a scontrarsi con gli atomi dell’atmosfera.Questi vengono eccitati, e dopo poco emettono luce di diverso colore a seconda del tipo di atomo. La nostra atmosfera è fatta per il 78% di azoto e per il 21% di ossigeno, e sono proprio questi due elementi a produrre le aurore di diverso colore: rosso e verde l’ossigeno, e blu e magenta l’azoto. Quando sul Sole si hanno forti brillamenti e in generale l’attività è più intensa le aurore diventano più brillanti e forti.Dato che il Sole compie un ciclo di attività che dura 11 anni, ci si può aspettare che al picco di attività la probabilità di vedere un’aurora sia maggiore.Questo vi può aiutare a programmare il vostro viaggio in Lapponia, Islanda o in Canada, per vedere questo spettacolo. I […]

Astrocuriosità | gennaio 2015 – La banda dei quattro

La curiosità del mese a cura di Tomaso Belloni Negli ultimi anni il numero di pianeti extrasolari, ovvero che orbitano intorno a una stella che non è il nostro sole, è aumentato vertiginosamente.Attualmente ne conosciamo quasi 2000.La grande maggioranza di questi è stata scoperta con metodi indiretti.Non è semplice rivelare direttamente la radiazione proveniente da un pianeta, dato che le distanze in gioco sono grandi e quindi il pianeta appare molto vicino alla stella, molto più luminosa.I metodi indiretti sono molti e vanno dalla misura della occultazione della luce della stella alle variazioni Doppler orbitali a metodi più esotici (e raramente usati) come le deviazioni delle pulsazioni di una pulsar intorno a cui ruotano dei pianeti.Per alcuni pianeti, molto massicci e molto lontani dalla stella, è stato però possibile osservare il sistema direttamente come immagine e i risultati sono visivamente molto spettacolari.Stiamo parlando di meno di 20 pianeti, con masse che vanno da 2 a più di 10 volte quella di Giove.Il sistema di gran lunga più spettacolare è quello della stella HR 8799 nella costellazione di Pegaso nell’emisfero nord (si tratta della stella numero 8799 del Catalogo di Yale di Stelle Brillanti, che contiene tutte le circa 9000 stelle visibili a occhio nudo). Si tratta di una giovane stella a 130 anni luce dalla terra, con una magnitudine visuale al limite dell’osservabilità a occhio nudo e una massa una volta e mezza quella del sole.Intorno a HR 8799 sono stati osservati DIRETTAMENTE ben quattro pianeti, chiamati HR 8799 a,b,c,d.La scoperta risale al 2008, quando tre dei quattro pianeti sono stati scoperti con osservazioni in banda infrarossa fatte ai telescopi Keck e Gemini alle Hawaii.L’anno seguente è stato scoperto anche il quarto pianeta.Il giorno dell’epifania del 2015, ieri per chi scrive, sono state presentate nuove immagini e spettri ottenuti con uno strumento dedicato chiamato GPI (Gemini Planet Imager), che purtroppo mostra solo tre pianeti in quando il pianeta b è troppo lontano dalla stella per entrare nel campo di vista. Non si tratta ovviamente di pianeti di tipo terrestre, che sarebbero troppo […]

Astrocuriosità | dicembre 2014 – Qual è il motore più potente della natura?

La curiosità del mese a cura di Gabriele Ghisellini È solo da circa 70 anni che sappiamo come funzionano le stelle. C’è voluta la conoscenza del nucleo atomico per capire che i nuclei degli atomi di idrogeno, fondendosi per formare un nucleo di elio, sprigionavano una quantità di energia colossale.Circa l’8 per mille della massa di quattro protoni viene trasformata in energia (secondo la formula più famosa del mondo: E=mc2). Poi, agli inizi degli anni 60, veniva scoperta una sorgente, chiamata 3C 273, che sulle lastre fotografiche sembrava una stella, e che produceva una intensa emissione radio, che variava sui tempi scala di un mese. Quando si scoprì la sua distanza, si rimase increduli.3C 273 si trova infatti a 2.5 miliardi di anni luce da noi.Per essere così ben visibile (è di dodicesima magnitudine) deve essere potentissima, più di qualsiasi altra cosa vista prima.E la variabilità indicava che la regione emittente doveva essere più piccola di un mese luce. Come si fa a produrre una potenza così grande in un volume così piccolo?Le reazioni termonucleari non bastano. Deve esistere un altro motore.Passò solo qualche anno, e poi il mistero fu risolto. Il motore capace di produrre queste potenze mirabolanti è in fondo il più semplice di tutti, basato sulla gravità.Però, per raggiungere i livelli necessari, la gravità deve essere prodotta da un buco nero pesante come un miliardo di soli.La materia intorno al buco nero ne viene attratta, e prima di caderci sopra viene compressa, si scalda, ed emette.In questo modo circa il 10 per cento della massa che cade viene trasformata in energia (vedi curiosità del novembre 2013). È questo il motore più potente della Natura? Sembra di no. C’è un altro fenomeno spettacolare, e potente.Su dieci buchi neri supermassicci che accrescono materia, ce n’è uno che, oltre ad accrescere, riesce ad espellere materia in due getti antiparalleli. La materia che fluisce in questi getti viene accelerata a velocità molto prossime quelle della luce (vedi curiosità di marzo 2010). Come ci riesca, non è ancora chiaro, ma non c’è dubbio che lo […]

Astrocuriosità | novembre 2014 – Nane e cataclismi

La curiosità del mese a cura di Tomaso Belloni Nella nostra galassia conosciamo più di 1500 sistemi binari noti come “variabili cataclismiche“. Si tratta di stelle doppie in cui una componente è una stella di tardo tipo spettrale (cioè una stella grande come il sole o più piccola e fredda) e l’altra componente è una nana bianca. La nana bianca è il risultato della fine della vita di una stella non molto massiccia, come il nostro sole, che non esploderà in una supernova, ma fra qualche miliardo di anni si trasformerà in un oggetto molto caldo e piccolo, della dimensione della terra, appunto una nana bianca. In una variabile cataclismica (CV, dall’inglese Cataclysmic Variable) le due stelle sono così vicine, con un periodo orbitale al massimo di poche ore, ma che può essere anche meno, che la gravità della nana bianca distorce l’altra stella strappandole materia. La materia “rubata” cade sulla nana bianca (Fig. 1). Esistono tre tipi principali di CV, a seconda dell’intensità del campo magnetico della nana bianca.Concentriamoci sul caso più semplice, quello in cui questo campo magnetico non c’è o è molto debole così da essere ininfluente. La materia, dato che il sistema binario è in rotazione, non cade direttamente sulla nana bianca, ma forma un disco di accrescimento [vedi curiosità di luglio 2012: Attento a non mettere troppo idrogeno! a cura di Tomaso Belloni], dove a poco a poco il gas scende fino a arrivare sulla superficie della nana bianca. La struttura di questo disco è molto complicata, ma sotto certe condizioni questo disco è instabile.Questo significa che in alcune CV per un periodo lungo, settimane o mesi, la materia si accumula e non raggiunge la nana bianca, poi improvvisamente le condizioni cambiano e il gas arriva sulla superficie della nana, rendendo il disco e la superficie stessa molto più luminosi.Questa fase brillante dura per giorni o settimane, fino a spegnersi e a tornare alla normalità. Da terra vediamo un’improvviso aumento della luminosità del sistema, seguito da un ritorno più lento […]

Astrocuriosità | ottobre 2014 – Abitare a Laniakea

La curiosità del mese a cura di Gabriele Ghisellini In hawaiano, Laniakea significa “Paradiso immenso” (da lani, paradiso, e akea, immensamente grande, non misurabile).È il nome che è stato dato alla nostra parte di Universo, dove abitano la Terra, il sistema solare, la nostra Galassia, il nostro gruppo di galassie. Gli inquilini di questo quartiere di Universo sono più di dieci milioni di miliardi di stelle, che vivono in circa centomila galassie come la nostra.Per non parlare della materia che non ha formato stelle, ed è ancora sottoforma di gas o dell’elusiva materia oscura.E questo è solo un quartiere dell’Universo, che pensiamo contenga almeno un milione di quartieri come Laniakea.Per noi però è il più bello, è casa nostra, e gli abbiamo dato un nome bellissimo.È anche un quartiere immenso, tanto che la luce deve viaggiare per 520 milioni di anni per andare da una parte all’altra.Ma come facciamo a sapere che Laniakea è la nostra casa, e come facciamo a definirne i confini?Questa è la novità, dovuta ad un nuovo lavoro di un gruppo di ricercatori guidati da Brent Tully dell’Università delle Hawaii.Si basa non sul catalogare le posizioni delle galassie nel cielo, e misurarne la distanza da noi, ma sul misurare con precisione la loro velocità (detta velocità peculiare) rispetto al moto globale di espansione dell’Universo.Le galassie, infatti, si muovono in maniera complicata. Prima di tutto si allontanano le une dalle altre, trascinate dall’espansione dell’Universo nel suo insieme. Quelle più vicine, però, risentono della rispettiva forza di gravità e si attraggono così da controbilanciare l’espansione, fino ad arrivare a scontrarsi.Per esempio, tra 4 miliardi di anni, la Via Lattea si scontrerà con la galassia di Andromeda (vedi curiosità del Febbraio 2013).In generale, quindi, la forza di gravità tra le galassie tende a frenare l’espansione globale.Questo succede perché l’Universo mostra picchi e valli, zone con tante galassie e zone quasi vuote.La conseguenza è che, come per una valanga sul fianco di una montagna, le galassie tendono a “cadere” verso le zone dove ci sono maggiori concentrazioni di altre galassie, o in generale di massa, quelli che chiamiamo super-ammassi di […]

Astrocuriosità | settembre 2014 – Aspettando Rosetta

La curiosità del mese a cura di Tomaso Belloni Difficile che nei giorni scorsi a qualcuno sia sfuggita la notizia dell’arrivo della sonda Rosetta alla sua cometa dal melodioso nome di 67P/Churyumov-Gerasimenko (6 agosto – distanza di 100 km dalla cometa vedi la notizia su MediaInaf). La forma della cometa, definita “paperetta da vasca da bagno” è davvero incredibile e presto arriveranno nuove informazioni, specialmente quando la sonda Philae tenterà l’atterraggio. In questa curiosità però vorrei ricordare il primo incontro di una sonda spaziale con una cometa.Nel 1986, puntuale, la più famosa delle comete, quella di Halley, è tornata nella zona interna del sistema solare ed è passata al perielio (il punto della sua orbita più vicino al sole). Dato che il suo periodo orbitale è di 75.3 anni, il passaggio precedente era stato nel 1910, quando c’erano solo telescopi ottici sulla terra, mentre il prossimo passaggio sarà nel 2061, un po’ lontano per parlarne ora. Però nel 1986, anno in cui la posizione relativa terra-sole-cometa ha portato alle peggiori condizioni per osservarla da terra, la tecnologia delle sonde spaziali era già disponibile, per cui diverse sonde sono state programmate allo scopo, mentre altre osservazioni sono state fatte da sonde già esistenti, come ad esempio Pioneer 7 e Pioneer Venus Orbiter. Queste sonde hanno formato quella che è stata soprannominata “l’armata di Halley“. La sonda giapponese Suisei (“cometa” in giapponese) è arrivata a 151 mila km dalla cometa l’8 marzo 1986, aiutata nella sua navigazione da un’altra sonda giapponese, la Sakigake (“pioniere”). Le due sonde gemelle dell’ allora Unione Sovietica Vega 1 e 2 avevano incontrato il pianeta Venere e dopo aver sganciato ciascuna uno strumento con un pallone per entrare nell’atmosfera di Venere vennero dirottate verso la cometa di Halley. I loro dati hanno aiutato la sonda Giotto nel suo approccio. Vega 1 è arrivata a 8899 km dalla cometa, Vega 2 a 8030 km. Ultima in ordine di avvicinamento la sonda International Cometary Explorer (ICE) che verso la fine di marzo 1986 è passata tra il Sole e la cometa di Halley, avvicinandosi […]

Astrocuriosità | luglio 2014 – Getti cosmici

La curiosità del mese a cura di Gabriele Ghisellini   Quasi tutte le galassie hanno, al loro centro, un buco nero supermassivo, di taglia extra large: da un milione ad un miliardo di masse solari (vedi curiosità di Novembre 2013).Sono diventati così grossi perché hanno ingoiato un quantitativo corrispondente di gas, nel corso di qualche centinaio di milioni di anni.Alcuni di questo buchi neri non hanno ancora finito di crescere, e continuano a ingoiare materia, la scaldano e le fanno emettere una quantità di luce prodigiosa, più di quella prodotta da tutte le stelle di una intera galassia.E non è tutto: circa il 10 per cento di questi buchi neri, oltre a ingoiare materia, sono capaci di espellerne una parte, per formare due getti contrapposti (antiparalleli), che partono dalle immediate vicinanze del buco nero, e si distendono anche per milioni di anni luce.Riescono quindi ad uscire, e di molto, dalla galassia che li ospita.Sono visibili sopratutto se li guardiamo nelle onde radio, con i radiotelescopi, che riescono a produrre delle mappe spettacolari, anche se recentemente otteniamo delle fotografie splendide anche nella luce visibile (grazie al telescopio spaziale Hubble) e perfino nei raggi X (con i telescopi a raggi X del satellite Chandra). Quello che colpisce è la struttura filiforme, leggermente a cono, di questi getti. Alcuni sono dritti come fusi: come è possibile che abbiano mantenuto la stessa direzione per un centinaio di milioni di anni, o forse più?Dentro al getto fluisce del plasma (cioè degli atomi che hanno perso i loro elettroni) estremamente caldo, che si muove a velocità maggiori del 99% della velocità della luce.Quindi, invece di cadere verso il buco nero, questo plasma se ne allontana, e lo fa quasi alla velocità della luce! Dire che abbiamo capito il perchè sarebbe una bugia, diciamo che abbiamo qualche idea, ma non ancora conclusiva …Data l’alta velocità del plasma, la luce prodotta è altamente direzionale: in pratica quasi tutta la luce è prodotta nella direzione di moto […]