Maria Rosa Panzera

Maria Rosa Panzera

Astrocuriosità | settembre 2020 – Di cavoli e di re

La curiosità del mese a cura di Tomaso Belloni Oggi non voglio parlare di astronomia, ma di esponenziali e di ritardi, di fisica, eserciti medievali e attualità.Come diceva il tricheco di Alice: di “cavoli e di re”.Siamo ancora in periodo di pandemia e si è sentito parlare di fattori R0 (vedi definizione su wikipedia) e Rt, a volte spettacolarmente a sproposito.Facciamo delle considerazioni generali, che devono stare sempre alla base sebbene, come si dice, il diavolo si annidi sempre nei dettagli.Lasciamo per un momento il campo epidemiologico e parliamo di fissione nucleare.Prendiamo degli atomi di uranio 235. L’uranio in natura si trova per il 99.7% sotto forma di uranio 238 e solo lo 0.3% di uranio 235.Per questo esiste l’arricchimento dell’uranio, per buttare il 238 e tenere solo il 235 (dato che si tratta sempre di uranio, la chimica è inutile: tutte le reazioni chimiche funzionano allo stesso modo per l’uranio. Bisogna sfruttare il fatto che il 238 ha tre neutroni più del 235, quindi è di poco più pesante. Ci sono metodi per separare gli atomi più pesanti da quelli più leggeri, come si separa il riso dai sassolini). Ma sto divagando.Se un atomo di uranio è colpito da un neutrone, si spacca e rilascia energia, producendo anche dei neutroni, tipicamente due o tre. Se uno di questi neutroni colpisce un altro atomo di uranio il processo si ripete e altri neutroni sono prodotti.A seconda di quanto uranio c’è e come è distribuito, le cose possono andare diversamente. Il processo dipende da un fattore detto k, che rappresenta il numero medio di atomi di uranio colpiti dai prodotti della fissione di un altro atomo (suona familiare?).Se k è minore di 1, il processo si ferma subito, a ogni “giro” ci sono sempre meno eventi (e che nessuno venga a dire che ci vogliono due neutroni per spaccare un atomo di uranio). Se k=1 procede in modo costante […]

Astrocuriosità | luglio 2020 – eROSITA

La curiosità del mese a cura di Gabriele Ghisellini Esattamente un anno fa, il il 13 luglio 2019, partiva un enorme razzo da Baikonour, in Kazakistan, con a bordo uno strumento sofisticato: un telescopio per i raggi X. Anzi, ben sette telescopi, tutti uguali e coordinati tra loro.Il suo nome?eRosita, acronimo di “extended Röntgen Survey with an Imaging Telescope Array“.Il nome contiene un pezzo di storia:extended perchè il primo progetto (Rosita) era programmato per volare sulla Stazione Spaziale internazionale, ma poi non se ne fece niente.Röntgen perchè in Germania i raggi X si chiamano raggi Röntgen, in onore dello scopritore (che fu il primo fisico a ricevere il premio Nobel, nel 1901).Array perchè è una shiera di telescopi, non uno solo, pensati per fare uno “scanning” (Survey) di tutto il cielo, e di fornire le immagini di milioni di sorgenti. E in tutto questo c’è anche un pezzo di Italia: infatti i telescopi sono stati costruiti dalla Medialario, una ditta brianzola nata come spin-off delle ricerche di Oberto Citterio, il mago degli specchi X che lavorava proprio qui, all’Osservatorio di Brera, che ha inventato la tecnica di costruzione. Inoltre il capo scientifico della missione è il bravissimo italiano Andrea Merloni, laureato alla Sapienza e dottorato a Cambridge, Inghilterra. Ma perchè vogliamo guardare l’universo nei raggi X?Cosa c’è di diverso dal guardarlo nella luce visibile? Tento una analogia: nel visibile è come guardare come funzionano i mulini a vento o ad acqua, nei raggi X è come guardare come funzionano le bombe atomiche.Un raggio X è almeno mille volte più energetico di un fotone del visibile. Può quindi venir prodotto da fenomeni più violenti di quelli che vede il nostro occhio.Per esempio, la materia che cade in in buco nero, prima di oltrepassare il limite di non ritorno, si comprime così tanto da scaldarsi fino ad oltre qualche milione di gradi, e quindi emette raggi X.Oppure la materia che si schianta sulla superficie di […]

Astrocuriosità | giugno 2020 – Come si punta un telescopio?

La curiosità del mese a cura di Tomaso Belloni Un telescopio sulla terra va puntato verso l’oggetto voluto.Prima che fossero disponibili i computer, il telescopio si puntava a occhio, anche se il movimento veniva effettuato da un motore.Dato che un telescopio abbastanza grande ha un campo di vista molto piccolo, la probabilità di “piazzare” la stella voluta proprio al suo interno era molto bassa.Si usavano quindi piccoli telescopi coallineati, che mostravano una zona di cielo più grande: se la stella era al centro nel telescopio piccolo, chiamato telescopio cercatore, era (più o meno) nel centro del campo di quello grande.Una volta visto l’oggetto si potevano fare correzioni fini. Se la stella, o la galassia, da osservare era troppo debole per essere vista con il telescopio piccolo, bastava fare una mappa di stelle brillanti per orientarsi e poi puntare nella direzione dell’oggetto voluto, per quanto non visibile.Ora abbiamo i computer: si digitano le coordinate dell’oggetto e il telescopio fa tutto da solo.Alla fine ci sono sempre delle piccole correzioni da fare, dato che nessun motore è così preciso, ma diciamo che il telescopio fa tutto da sè.Una volta puntato l’oggetto, dato che la terra ruota, questo si sposta e bisogna andargli dietro, inseguirlo, per tenerlo puntato.A questo scopo c’è sempre il computer che fa muovere il motore nel modo giusto (ci sarebbe da parlare di come è montato un telescopio, ma lo faremo un’altra volta).Ma un telescopio su un satellite nello spazio? Supponiamo che il nostro telescopio, che osserva il cielo in raggi X, stia puntando l’oggetto A, abbia finito l’osservazione e debba cambiare direzione di puntamento per osservare l’oggetto B.Deve girarsi e per farlo usa delle ruote sfruttando il principio di conservazione del momento angolare.Il satellite non sta ruotando: se la ruota comincia a ruotare in una direzione, per mantenere (conservare) la situazione tutto il satellite deve ruotare dalla parte opposta.Se avete una sedia da ufficio […]

Astrocuriosità | aprile 2020 – L’astronomia ai tempi del virus

La curiosità del mese a cura di Tomaso In queso periodo siamo tutti bloccati in casa e ci viene detto continuamente di praticare un distanziamento sociale, non andare in luoghi affollati e mantenere una distanza minima di 1-2 metri dagli altri individui.Si tratta di misure importanti e significative, anche se ci fanno sentire rinchiusi e vanno contro la natura sociale dell’essere umano.Circola in questi giorni una battuta su facebook che invoglia a diventare un astronomo, dato che pratichiamo il distanziamento sociale dal 1609.L’anno si riferisce alle prime osservazioni celesti con un telescopio fatte da Galileo Galilei. Naturalmente l’immagine dell’astronomo che vive solitario nel suo osservatorio e spende le notti osservando al telescopio, due condizioni ottimali per non incontrare mai nessuno, è leggermente obsoleta ed in ogni modo grandemente esagerata.Ai tempi nostri l’astronomia non funziona in questo modo ed il contatto, se non diretto almeno a distanza, è essenziale.Che cosa è cambiato per un astronomo dall’introduzione delle misure di contenimento del contagio?Solo pochissimi possono recarsi al lavoro nel loro osservatorio o istituto di ricerca, quelli che non possono evitarlo.Gli altri devono restare a casa come tutti e lavorare in remoto.Io scrivo questo testo sul computer portatile da casa, fortunatamente in un’era dove le connessioni internet sono buone e diffuse altrimenti sarebbero guai.Tutto quello che posso fare dall’ufficio, con poche eccezioni di cui parlerò tra poco, posso farlo anche qui e le collaborazioni nazionali e internazionali si fanno comunque a distanza per la maggior parte del tempo.Questo però non è vero per tutti.Chi lavora normalmente in un laboratorio per lo sviluppo di strumentazione astronomica ad esempio non può farlo da casa.Chi lavora con studenti affronta dei problemi che possono arrivare ad essere insormontabili. I computer e i dati necessari sono in ufficio e non sempre accessibili remotamente.Tutti programmi dei prossimi mesi sono stati rivoluzionati.Conferenze sono state annullate o posticipate di diversi mesi.Scadenze per domande di osservazione sono slittate a date future. Chi […]

Astrocuriosità | marzo 2020 – Astronave Terra

La curiosità del mese a cura di Gabriele Ghisellini Quando siamo a bordo di un treno, fermi in stazione, ogni tanto capita di vedere un altro treno nel binario vicino muoversi e per un attimo non siamo capaci di distingure se siamo noi a muoverci o se è l’altro treno. Se stiamo facendo una gita in barca, lungo un fiume, e non remiamo, la barca sembrerà perfettamente ferma fintanto che non guardiamo la riva. Quando lo facciamo, ci accorgiamo che la barca in realtà si sta muovendo, con la stessa velocità della corrente del fiume. Quindi la barca è sì ferma rispetto all’acqua del fiume, ma insieme a questa si sta muovendo rispetto alla riva.Se non abbiamo riferimenti, non sappiamo dire chi è che si muove. Pensiamo a noi, sulla nostra Terra, placidamente fermi. Magari a letto.Siamo veramente fermi? Neanche per idea …Innanzitutto la Terra gira su se stessa, e come sappiamo fa un giro in un giorno.Se fossimo all’equatore, che è lungo 40 mila chilometri, andremmo alla velocità di circa 460 metri al secondo, cioè a 1670 chilometri all’ora.Se abitassimo al polo sud o al polo nord, invece, la velocità sarebbe zero.Dalle nostre parti, in Italia, la velocità è circa 1200 chilometri all’ora.E come mai non siamo spazzati via da un vento irresistibile? Perchè anche l’aria gira alla stessa velocità. Sappiamo anche che la Terra fa un giro intorno al Sole in un anno, e l’orbita della Terra è lunga circa un miliardo di chilometri: li percorriamo a 30 chilometri al secondo.E non è finita qui: tutto il nostro sistema solare gira intorno al centro della nostra galassia alla velocità di circa 220 chilometri al secondo.Da quando è nato il sistema solare, circa 5 miliardi di anni fa, abbiamo già fatto 20 giri attorno al centro della Via Lattea. Abbiamo quindi 20 anni galattici …Quindi 100 milioni di anni fa, quando i dinosauri erano i padroni della Terra, questa era dall’altra parte della nostra […]

Astrocuriosità | febbraio 2020 – Eruzioni Galattiche

La curiosità del mese a cura di Tomaso Belloni I Nuclei Galattici Attivi (AGN l’acronimo inglese) hanno al loro centro un buco nero supermassiccio e la loro attività proviene dall’accrescimento di materia sul buco nero.Il processo è assolutamente analogo a quello in funzione nei sistemi binari in cui una delle componenti è un buco nero.Alcuni di questi AGN hanno una forte luminosità in raggi X e sono molto variabili.Recentemente è stato osservato un nuovo fenomeno proveniente dal nucleo della galassia GSN 069.Si tratta di una galassia che fino a una decina d’anni fa non aveva nulla di speciale che attraesse l’attenzione degli astronomi e non era mai stata rivelata in raggi X.Non tutti i nuclei galattici sono attivi e un buco nero se non riceve materia da accrescere non provoca l’emissione di radiazione.Il buco nero al suo centro ha una massa stimata di quattrocentomila masse solari, bassa per un nucleo galattico attivo.Nel 2010 il satellite dell’ESA XMM-Newton stava riorientandosi per iniziare una nuova osservazione e ha rivelato una forte emissione X dalla posizione della galassia, almeno 240 volte più intensa di quella che aveva prima, considerando che non si era osservata. Una variazione di questo tipo indica o un AGN che “mangia” ad intermittenza, o un caso di quelli che si chiamano Tidal Destruction Events (TDE), ovvero una stella che passa troppo vicino al buco nero e ne viene smembrata e “mangiata”.Una nuova osservazione nel dicembre del 2018, sempre con XMM-Newton, ha mostrato un’emissione X debole, ma con due grossi picchi a distanza di circa nove ore uno dall’altro.Incuriositi, l’astronomo Giovanni Miniutti del Centro de Astrobiología di Madrid, e i sui colleghi hanno subito osservato l’oggetto di nuovo e più a lungo: cinque eventi simili, tutti a distanza di circa nove ore uno dall’altro, erano evidenti nei dati!Un’ulteriore osservazione circa un mese dopo ottenuta con il satellite della NASA Chandra ha rivelato altri tre picchi.Osservazioni simultanee con un […]

Astrocuriosità | gennaio 2020 – Sfere di Dyson e civiltà aliene

La curiosità del mese a cura di Gabriele Ghisellini KIC 8462852 è una stella simile al nostro Sole, distante circa 1500 anni luce da noi.È stata osservata dal satellite Kepler, e ha mostrato delle anomalie misteriose, studiate dall’astronoma Tabetha Boyajian.Ormai viene chiamata familiarmente stella di Tabby, dal nome della scopritrice.Che cosa ha di strano?La stranezza è che il flusso che riceviamo varia.Ogni tanto diminuisce, anche del 20 per cento, per una durata dai 5 agli 80 giorni. Un comportamento mai visto prima.Fate conto che Kepler è stato lanciato apposta per trovare delle variazioni nella luce delle stelle, dovute al passaggio di pianeti sul disco della stella.Ma le variazioni dovute al transito dei pianeti, anche quelli più grossi, provocano una diminuzione al massimo dell’uno per cento, e durano per molto meno tempo.Sono state proposte subito molte possibili spiegazioni, come un disco di polvere che oscura la stella.Queste soluzioni però prevedrebbero delle variazioni periodiche, che non si osservano.Per aggirare questa difficoltà si è allora pensato a sciami di centinaia di comete, con orbite ellittiche che oscurerebbero il disco della stella in modo non periodico. Le spiegazioni non hanno convinto pienamente, e come di solito succede di fronte a fenomeni nuovi e misteriosi, si è pensato ad una civiltà aliena. L’idea è che questa civiltà stia costruendo una megastruttura attorno a questa stella, per intercettare l’energia irraggiata e usarla per i propri fini.L’idea non è nuova. Nasce qualche decennio fa, dalla mente fervida di Freeman Dyson, un fisico teorico inglese naturalizzato americano.Ai tempi della nascita del progetto SETI, nel 1959, ipotizzò che le civiltà aliene avanzate avrebbero avuto bisogno di sempre più energia e un modo per ottenerla sarebbe quello di racchiudere la loro stella in una megasfera, che avrebbe dovuto avere un raggio pari a quello dell’orbita del loro pianeta di origine.In questo modo la megasfera intercetterebbe tutta l’energia emessa dalla stella. Ma niente si crea e niente si distrugge … ma tutto si trasforma.Anche in questo caso […]

Astrocuriosità | novembre 2019 – Raggi X e schiene diritte

La curiosità del mese a cura di Gabriele Ghisellini Wilhelm Conrad Röntgen nacque nel 1845 in Germania, ma a tre anni la famiglia si trasferì in Olanda (paese natale della madre), e lì Wilhelm fece le elementari e le medie.Poi si iscrisse ad una scuola superiore tecnica a Utrecht. A 17 anni, nel 1862, un suo compagno di scuola gli fece vedere una caricatura che aveva fatto di un loro insegnante particolarmente antipatico. Wilhelm (e non il compagno) fu “pizzicato” dall’insegnante stesso e portato dal preside, che lo sottopose ad un severo interrogatorio.Chi era stato a disegnare la caricatura?Wilhelm tenne duro, e non rivelò mai il nome del compagno. Per questo fu espulso non solo dalla sua scuola, non solo per qualche giorno, ma da tutte le scuole d’Olanda per tutta la vita!Come dimostra questo episodio, Wilhelm aveva una schiena alquanto diritta …Radiato da tutte le scuole superiori, non poteva proseguire i suoi studi e laurearsi. Il padre lo convinse a seguire le lezioni all’Università di Utrecht come uditore, anche senza dare esami.Qui diventò amico di uno svizzero, che gli disse che il Politecnico di Zurigo accettava iscrizioni anche da chi non aveva il diploma di maturità, se si riusciva a passare un’esame di ammissione.Detto fatto. Wilhelm si trasferì a Zurigo per frequentare il suo politecnico, che diventerà una delle scuole più famose del mondo.Dopo Röntgen, infatti, annovererà tra i suoi allievi Einstein e Pauli.Dopo la laurea, ottenne il dottorato un anno dopo, e cominciò la sua carriera di fisico, molto stimato dai colleghi per la sua bravura e per il suo modo, molto rigoroso, di condurre gli esperimenti.Nel 1872 sposò Anna Berta, di sei anni più vecchia di lui. Fu un matrimonio felice, senza figli, ma nel 1887 i due adottarono la figlia del fratello di Anna, Josephina Berta.Dopo aver lavorato alle università di Zurigo, Strasburgo, Hohneheim e Gissen, Wilhelm approdò all’università di Würzburg, di cui divenne rettore […]