Astrocuriosità | marzo 2024 – Universo pi greco

La curiosità del mese a cura di Gianluigi Filippelli

“Esplorare il pi greco è come esplorare l’universo.”

David Chudnovsky


Il 14 marzo, meglio noto in ambienti matematici come pi day, si avvicina, per cui in questa nuova astrocuriosità, proveremo a capire il legame tra il pi greco, il numero più famoso del mondo, e l’astronomia.


Virgola dopo virgola
Il pi greco, (\pi), è definito come il rapporto tra la circonferenza e il suo diametro. Vale 3.1415 e un numero infinito di cifre. E sin dagli albori della matematica, i matematici hanno cercato di calcolarne le sue cifre,
prima per usi pratici e poi semplicemente per il senso della sfida che tale impresa evoca. In questa quasi ossessiva ricerca, il record delle cifre decimali del pi greco è datato 21 marzo del 2022, quando Emma
Haruka Iwao
dopo 158 giorni di calcolo trovò ben 100000000000000 cifre dopo la virgola
.

Per ottenere questo risultato la ricercatrice ha utilizzato l’algoritmo di Chudnovsky, un metodo particolarmente rapido per il calcolo delle cifre decimali del (\pi) basato su una delle formule di Srinivasa Ramanujan e sviluppato nel 1987 dai fratelli David e Grigorij Vol’fovič Čudnovskij. Dei due fratelli, quello che viene considerato il più geniale è Gregory, più piccolo di David di 5 anni. Nati entrambi a Kiev quando ancora l’Ucraina faceva
parte dell’Unione Sovietica, riuscirono a fuggire sia grazie allo stato di salute di Gregory, affetto da miastenia gravis, sia grazie all’aiuto di due importanti personalità statunitensi dell’epoca, il senatore Henry Jackson e il matematico Edwin Hewitt. Le informazioni biografiche sui due fratelli e sulla loro vita negli Stati Uniti sono piuttosto scarne: i due si sono sempre mantenuti lontani dai riflettori, probabilmente per
via della malattia di Gregory, ma forse anche per una certa mancanza di specializzazione matematica. Gli interessi di ricerca dei due fratelli includevano, infatti, la teoria dei numeri, la fisica applicata e, ovviamente, i computer. I due nel 1987 svilupparono il già citato algoritmo per il calcolo delle cifre decimali del pi greco, pubblicandolo in un articolo l’anno dopo, nel 1988. Passarono poi all’applicazione pratica dell’algoritmo costruendosi da soli nella loro casa di Manhattan un supercomputer con il quale, alla fine, ottennero più di due miliardi di cifre del numero più famoso del mondo. Era l’agosto del 1991. Migliorarono questo risultato 3 anni più tardi, nel maggio del 1994, superando le 4 miliardi di cifre. Anche in questo caso
avevano utilizzato un nuovo supercomputer casalingo. Da lì in poi, utilizzando il loro algoritmo, altri matematici e informatici riuscirono a raggiungere nuovi traguardi nella ricerca delle cifre dei pi greco ed è
persino integrato all’interno del famoso software di calcolo Mathematica.

A una domanda esplicita su cosa i due trovassero di tanto interessante nel pi greco, David rispose

“Esplorare il pi greco è come esplorare l’universo”.


Un paragone che, come vedremo a breve, potrebbe essere per certi versi piuttosto calzante.


Cifre significative
Proviamo a esaminare la faccenda dell’utilità del pi greco adottando il punto di vista delle cifre significative del (\pi) necessarie per i calcoli astronomici. Per esempio, secondo Jörg Arndt e Christoph Haenel, nel loro
libro del 2006 Pi Unleashed, le risorse necessarie per calcolare le prime 39 cifre decimali del (\pi) sarebbero più che sufficienti per portare a termine la maggior parte dei calcoli cosmologici, poiché coincidono con la precisione necessaria per calcolare la circonferenza dell’universo osservabile con una precisione di un atomo. Di conseguenza l’equivalente del calcolo del primo centinaio di cifre sarebbe più che sufficiente per
qualunque applicazione scientifica. A domanda esplicita, invece, Susan Gomez della NASA una decina anni fa affermò che per i loro calcoli erano necessarie 15 o al massimo 16 cifre decimali del pi greco. Il fisico
Peter Mohr, invece, sempre nella stessa epoca, a domanda analoga rispose che il Fundamental Constants Data Center presso il National Institute for Standards and Technology utilizzava al massimo 32 cifre significative per il numero archimedeo. C’è, ad ogni modo, da dire che con la moderna tecnologia è possibile calcolare in un tempo abbastanza ristretto (sotto l’ora) qualcosa come un milione di cifre decimali. Per chi vuole provarci segnalo questo tutorial di Lincoln Atkinson che propone un algoritmo basato sulla formula di Baily-Borwein-Plouffe. Ci si potrebbe allora chiedere come sia stato possibile che ci siano voluti diversi
mesi per realizzare la famosa fotografia del buco nero M87, o quella del buco nero al centro della nostra galassia, un risultato che ha coinvolto diversi supercomputer che hanno elaborato qualcosa come 6000 TB
di dati. La risposta sta innanzitutto nella gran mole di dati da elaborare.

Però, se ci pensiamo, è proprio il desiderio di calcolare sempre più cifre decimali del pi greco che ha dato il via allo sviluppo, negli ultimi
decenni, dei moderni supercomputer. E quindi si potrebbe dire che, in maniera indiretta, questa futile ricerca ha contribuito per un piccolo ma importante pezzettino alla realizzazione di una delle più importanti
osservazioni astronomiche.

Fig. 1 - Emma Haruka Iwao con in mano una torta, pie, la cui pronuncia è simile a pi - Crediti: techworm https://www.tech-worm.com/emma-haruka-iwao-pinin-31-4-trilyon-hanesini-hesapladi/
Fig. 1 – Emma Haruka Iwao con in mano una torta, pie, la cui pronuncia è simile a pi – Crediti: techworm https://www.tech-worm.com/emma-haruka-iwao-pinin-31-4-trilyon-hanesini-hesapladi/
Fig. 2 - Gregory e David Chudnovsky - Crediti: foto di Manuel Litran via The New Yorker https://www.newyorker.com/books/double-take/richard-prestons-the-mountains-of-pi
Fig. 2 – Gregory e David Chudnovsky – Crediti: foto di Manuel Litran via The New Yorker https://www.newyorker.com/books/double-take/richard-prestons-the-mountains-of-pi
Fig. 3 - La foto di Sagittarius A*, il buco nero al centro della Via Lattea - Crediti: via commons https://en.wikipedia.org/wiki/File:EHT_Saggitarius_A_black_hole.tif
Fig. 3 – La foto di Sagittarius A*, il buco nero al centro della Via Lattea – Crediti: via commons https://en.wikipedia.org/wiki/File:EHT_Saggitarius_A_black_hole.tif