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La curiosità del mese a cura di Gabriele Ghisellini Richard Feynman, uno dei più grandi fisici del secondo dopoguerra, disse una volta che la più grande scoperta della fisica moderna e sicuramente la più fruttifera, era che tutto ciò che ci circonda è fatto di atomi e di fotoni, i quanti di luce. Con questa ipotesi si può spiegare il più gran numero di fenomeni.La realtà è fatta da mattoncini, tutti uguali, che obbediscono a 4 regole, le 4 forze della natura. Sono le loro combinazioni diverse a fare la differenza, anzi le differenze … tra il Sole e una spiaggia, tra un traliccio dell’alta tensione e la panna montata.Quindi i numeri contano. Dobbiamo anche pensare che quando mettiamo insieme questi mattoncini di lego che sono gli atomi, non otteniamo una cosa che è la banale somma di tot mattoncini. Otteniamo di più, otteniamo una cosa che è maggiore della somma delle parti.Questo perchè dobbiamo considerare anche le interazioni tra le varie parti.Lo sappiamo bene noi, organismi multicellulari evoluti. I miliardi di cellule di cui siamo fatti non fanno solo, per milardi di volte, quello che fa una cellula singola. Fanno di più. Quindi qualità=quantità? Forse sì.Quindi facciamo, un po’ sul serio, un po’ per divertimento, una carrelata su qualche numero interessante. 2 miliardi e mezzo di secondi: la durata media di una vita umana … piu` o meno 4200 settimane. Misurata in settimane, la vita media sembra più breve, vero?Più o meno, 2 miliardi e mezzo è anche il numero totale dei battiti del nostro cuore. 750 mila miliardi di Km: i chilometri percorsi dalla luce nell’arco di una vita umana (circa 80 anni). Nella costellazione del Cigno c’è una stella, chiamata dal nome poco romantico di SAO 48193, che è distante da noi 81 anni luce. Verso la fine della nostra vita riceveremo la luce che è partita da questa stella quando siamo nati. E contemporaneamente, la stella e magari un […]
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La curiosità del mese a cura di Tomaso Belloni Il 19 ottobre 2017 i telescopi del sistema Pan-STARSS alle Hawaii, dedicati alla ricerca di oggetti celesti in movimento (comete, asteroidi …) o variabili, ha scoperto un nuovo oggetto nel sistema solare, che aveva da poco passato il punto di avvicinamento massimo al Sole.Prima classificato come cometa e poco dopo come asteroide, si è presto capito che si tratta di un asteroide molto particolare per via della sua orbita iperbolica.Gli asteroidi hanno orbite ellittiche, ovvero orbitano intorno al Sole.Un’orbita iperbolica, che porta un oggetto a uscire dal sistema solare, si può osservare nel caso di deviazioni dovute all’incontro ravvicinato con un pianeta (solo dieci giorni dopo ne è stato scoperto un altro con traiettoria iperbolica, ma non così estremo da meritare la stessa attenzione), ma in questo caso i parametri sono troppo estremi. L’unica conclusione rimasta è che non solo l’asteroide lascerà per sempre il sistema solare, ma che è arrivato da fuori: il primo asteroide interstellare.Per esso è stata inventata una nuova nomenclatura 1I/2017 U1 e gli si è assegnato il nome “’Oumuamua“, che in lingua hawaiiana significa esploratore, primo messaggero.Il primo oggetto conosciuto che “viene da fuori”.La sua traiettoria proviene dalla direzione della stella Vega, ma non è possibile stabilire con precisione la sua origine.In realtà alla velocità stimata ci sarebbero voluti 600mila anni per arrivare da Vega e a quel tempo Vega non era dove la vediamo ora.Sembra possibile che ’Oumuamua abbia girato per la nostra galassia per miliardi di anni e chissà da che sistema proviene. Molto esotico.Adesso si sta allontanando, ma secondo le leggi della meccanica celeste sta anche rallentando, per cui ci vorranno 20mila anni perchè esca dal nostro dal sistema solare.Interessante anche quello che si può capire sulla sua struttura.Ovviamente alla distanza a cui si trova non è possibile osservare la sua forma, ma dalle variazioni della sua luminosità (ovvero della luce che riflette dal sole) si capisce che sta ruotando in un modo complesso e non intorno a uno dei sui assi […]
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La curiosità del mese a cura di Gabriele Ghisellini Ho visto Stephen Hawking due volte. La prima volta era il 1988, ero appena uscito da una delle librerie di Cambridge e l’ho visto, in carrozzina, che mangiava un gelato. Aveva ancora l’uso delle mani. La seconda volta è stato nel 2002, a casa di Martin Rees, suo coetaneo, che festeggiava il suo sessantesimo compleanno.Hawking già non parlava più, e riusciva a muovere solo gli occhi. C’era sua moglie, ex infermiera, seduta sulle sue ginocchia, allegra e ciarliera. Proprio come nel film “La teoria del tutto”.Tutte e due le volte è stato come incontrare una star, che so, Marlon Brando o Charlize Theron in un bar. Incontri che si ricordano, perchè per me Stephen Hawking era un mito, al di là della sua figura iconica dovuta in parte alla sua malattia.Il guru assoluto della gravità …In questi giorni si leggono decine di articoli sulla vita di Hawking, sul fatto che a 21 anni i medici gli avessero dato solo 2 anni di vita, mentre di anni ne aveva 76, ma i resoconti delle sue idee più importanti sono rari, perchè sono difficili da capire … La sua idea più straordinaria è stata che i buchi neri “evaporano“.Sappiamo a grandi linee cos’è un buco nero, no? Un concentrato di materia che produce una gravità così grande da distorcere completamente lo spazio attorno.La luce è costretta a seguire le strade rese curve dalla gravità e se la luce si avvicina troppo al buco nero ne rimane intrappolata per sempre, e non esce più.Ecco perchè il buco è nero …Per sempre? Parole grosse, per Hawking. Però questo è quello che pensavano tutti, anche lui, fino al 1974.Allora Hawking ha 32 anni, già debilitato nel fisico, ma non nella mente.Ripensa alle discussioni con Bekenstein, che credeva che i buchi neri avessero delle proprietà termiche. Dopo avergli dato torto (e anche in maniera vigorosa), ci ripensa. Forse c’è qualcosa di vero in quello che pensa […]
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La curiosità del mese a cura di Tomaso Belloni Nella nostra galassia esistono molti sistemi binari in cui una delle componenti è una stella di neutroni con un forte campo magnetico.In passato abbiamo parlato di sistemi con basso campo magnetico (100 milioni di volte quello della terra) e con altissimo campo magnetico (10000 miliardi più di quello terrestre). La maggior parte dei sistemi però hanno un campo magnetico di 1000 miliardi di volte quello terrestre.Questi sistemi vengono scoperti nei raggi X, osservando le pulsazioni della radiazione dovuti alla rotazione della stella di neutroni.Al contrario delle pulsar isolate, che hanno in genere un campo magnetico simile, qui l’energia per l’emissione non proviene dalla rotazione della stella, ma dall’accrescimento di materia proveniente dalla stella compagna, con forte emissione X.Dato il forte campo magnetico, la materia in arrivo viene incanalata verso i poli magnetici, dove impatta sulla superficie della stella di neutroni.Visto che l’impatto è su un polo piuttosto ristretto e l’emissione deve venire dallo stesso polo su cui “piove” materia, la distribuzione angolare dell’emissione è complessa e non molto collimata, per cui è relativamente probabile vedere la pulsazione da terra.Ne conosciamo attualmente più di 200, con periodi di rotazione della stella di neutroni che vanno da 69 millisecondi a 36200 secondi, cioè poco più di dieci ore. Dato che la grande maggioranza ha una stella compagna molto giovane, il sistema deve essere giovane e infatti si trovano tutte molto vicino al piano della galassia, dove nasce la maggior parte delle stelle.Curiosamente, nella piccola Nube di Magellano, una galassia visibile a occhio nudo nell’emisfero australe (insieme, è quasi ovvio, alla grande Nube di Magellano) e molto più piccola della nostra galassia, sono state scoperte una sessantina di questi sistemi (e una sessantina di sistemi simili in cui non si sono viste pulsazioni).Fra questi sistemi ci sono sia sorgenti persistenti che transienti e ci si aspetta che la materia che accresce sulla stella di neutroni ne acceleri la rotazione, al contrario delle pulsar radio isolate, che emettono a spese dell’energia di […]
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La curiosità del mese a cura di Gabriele Ghisellini Ve lo siete mai chiesto? L’Universo è indubbiamente molto, molto, ma molto grande.Difficile riuscire a comprendere con il nostro cervello la sua enorme estensione. Tuttavia la domanda è lecita.Cominciamo dalle unità di misura. Il nostro buon vecchio metro è troppo piccolo, occorre adoperare almeno l’anno luce. Cioè la strada che la luce fa in un anno.Tradotto in km, un anno luce vale 9460 miliardi di km.Ma se per caso qualcuno di noi riuscisse a coprire questa enorme distanza, si troverebbe sperduto in mezzo al nulla, gli toccherebbe viaggiare almeno tre volte tanto per riuscire ad incontrare la stella più vicina, dopo il Sole. Proxima Centauri sta infatti a più di 4 anni luce da noi, e non è che la stella più vicina … Per andare a trovare Andromeda, la galassia più vicina alla Via Lattea, la luce deve viaggiare per 2 milioni di anni. E per andare da una parte all’altra del nostro superammasso di galassie, battezzato Laniakea, la luce impiega 500 milioni di anni. Possiamo pensare a Laniakea come ad un arcipelago di centomila galassie, ognuna delle quali contiene 500 milardi di stelle.Sono numeri così grandi da risultare incomprensibili, eppure sono ancora piccoli, a confronto dell’Universo osservabile. Già, l’Universo osservabile.Quanto è grande? Lo sappiamo?In fondo, sappiamo quando è nato: 13.8 miliardi di anni fa. Con il Big Bang. E i più smaliziati di voi stanno pensando: niente puo` andare più veloce della luce, per cui se l’Universo è davvero nato con il Big Bang, allora la luce ha avuto 13,8 miliardi di anni per viaggiare, quindi l’Universo non può che essere grande 13,8 miliardi di anni luce …Sbagliato! L’Universo è parecchio più grande … E stiamo parlando dell’Universo osservabile, non l’Universo tutto.Qual è il trucco? Il baco del ragionamento, che sembra così semplice?E` che l’Universo si espande: proprio quando la luce viaggia, le distanze tra le galassie aumentano.Tante volte si sente dire che le galassie si stanno allontanando tra di loro, ma […]
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La curiosità del mese a cura di Tomaso Belloni È da poco passato il Natale, che come si sa cade ogni anno il 25 dicembre.La scelta del 25 dicembre, fatta dopo l’anno 200 d.c., è sicuramente stata influenzata dal fatto che il 25 dicembre era il giorno del solstizio di inverno nel calendario romano.Il solstizio di inverno però, dal punto di vista astronomico, non cade il 25 dicembre e non cade nemmeno lo stesso giorno ogni anno.Nel 2017 è stato il 21 dicembre alle 17:28 ora italiana.Nel 2018 sarà il 21 dicembre alle 23:23.Per capirne il motivo dobbiamo parlare di cosa sia un solstizio (e un equinozio). La Terra orbita intorno al Sole con un periodo di circa 365.25 giorni e ruota su se stessa ogni 23 ore 56 minuti e 4.1 secondi (24 ore è il periodo di rotazione apparente del sole intorno alla terra).L’asse intorno a cui ruota è inclinato rispetto al piano dell’orbita intorno al sole di circa 23.44 gradi.Se l’inclinazione dell’asse fosse zero, su tutto il pianeta il giorno e la notte durerebbero esattamente 12 ore ciascuno e non ci sarebbero le stagioni. Essendo l’asse inclinato e puntato sempre nella stessa direzione (a parte la sua precessione, ma questo è un effetto molto lento), ci saranno due momenti in un anno in cui è “puntato” in direzione del sole : uno in cui punta la sua parte a Nord e uno in cui punta quella a Sud. Il nostro (dove “noi” siamo gli abitanti dell’emisfero nord) solstizio d’estate è quando punta la sua parte a nord, il solstizio d’inverno è l’altro.Ovviamente nell’emisfero sud i solstizi si invertono.Il giorno del solstizio invernale la durata del dì è minima, il giorno del solstizio estivo è massima (fanno eccezione le regioni polari, dove per un periodo che può andare da qualche giorno a sei mesi a seconda della latitudine il dì, o la notte, dura 24 ore).Gli equinozi di primavera e autunno sono quando l’asse terrestre punta a novanta gradi dal sole. In quei giorni il dì e la notte […]
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La curiosità del mese a cura di Gabriele Ghisellini Si parla del piacere intellettuale, cosa avete capito …Ma poi, siete sicuri che ci sia una qualche differenza tra piacere fisico e piacere intellettuale?Il piacere lo sente il cervello, e tutto il piacere ha la stessa origine!Secondo me ci sono fondamentalmente 4 livelli di piacere. Cominciamo dal primo livello. Questo lo abbiamo provato tutti, e continuiamo a provarlo. State leggendo una cosa, e non la capite. Però non potete saltarla, perchè siete degli studenti e domani vi interrogano su quella cosa, oppure domani dovete andare in ufficio e spiegare proprio quella cosa ai vostri colleghi di lavoro.Quindi la rileggete, cercate informazioni da altre parti, ci pensate su. Niente. Non mollate, rileggete, ripensate, ritentate di capire. Alla fine, un barlume. Una sensazione di leggera scarica elettrica, ma non siete sicuri, rifate il ragionamento che vi sembra finalmente giusto, sì ci siete, inconsciamente fate dei check: da qualche parte del cervello emergono dei controesempi, ma no, l’idea tiene, vi sembra proprio di aver capito. Grande soddisfazione, esaltazione, quasi. Piacere. E più avete fatto fatica e più piacere sentite, non è vero? Secondo livello. Un conto è capire una cosa che è stata ideata, scoperta, inventata da altri, un altro conto è scoprire noi una cosa.Qualsiasi cosa su qualsiasi argomento, ma che non è mai stata pensata (o quantomeno scritta o divulgata) da altri.Siete la prima persona al mondo e nella storia a pensare una cosa nuova, ad avere una idea nuova. Il vostro cervello inconscio scandaglia nella vostra memoria per scoprire se l’idea è veramente vostra o se per caso l’avete già sentita, già letta in qualche articolo. Tutto ciò mentre, per esempio, state discutendo con qualcuno, e sentite quasi un pizzicorino quando l’idea nuova, o meglio, l’idea nuova ancora in forma fetale, si affaccia alla vostra mente, proprio mentre state parlando. Succede tutto insieme. Dopo qualche secondo avete già elaborato la versione […]
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La curiosità del mese a cura di Tomaso Belloni È di questi giorni la notizia della prima rivelazione di un evento cosmico sia tramite radiazione elettromagnetica che tramite onde gravitazionali. Si tratta del primo caso osservato (e “sentito”) di “fusione” di due stelle di neutroni. Di questo, delle sue implicazioni e dei risultati ad esso connessi parleremo più avanti.In questa “curiosità” vorrei riallacciarmi a quella pubblicata nel giugno del 2009 (“Quanto manca alla fine del mondo?“), che a distanza di più di otto anni mi permette di affermare “lo sapevo!”Le onde gravitazionali sono difficili da osservare.Essendo molto deboli per rivelarle sono necessari eventi molto energetici e relativamente rari, come lo scontro di due oggetti compatti.Essendo però rari, sono quasi sempre molto distanti e quindi più difficili da osservare.Nel caso in questione, chiamato GW170817 (dalla data dell’evento), il caso ha voluto che la distanza non fosse enorme: la galassia NGC 4993 da cui abbiamo visto provenire il segnale dista soli 130 milioni di anni luce (per dare l’idea, la prima rivelazione di onde gravitazionali, GW150914, proveniva da una distanza dieci volte superiore).Ma sto divagando (è un argomento di cui si può parlare molto a lungo).Il punto è che un’evidenza indiretta del fatto che due stelle di neutroni in orbita una intorno all’altra emettono onde gravitazionali secondo quanto predetto dalla Relatività Generale ce l’avevamo già.Sì perchè noi di oggetti così ne conosciamo.Il primo è stato la pulsar PSR B1913+16, scoperta nel 1974 da Joseph A. Taylor e Russell A. Hulse, per cui hanno ricevuto il premio Nobel per la Fisica nel 1993.Una pulsar non è solo una stella di neutroni, è anche un orologio molto preciso e con questo si possono misurare con grande precisione i parametri dell’orbita, che si vede ridursi: le due stelle di neutroni stanno lentamente scendendo a spirale una verso l’altra e lo fanno precisamente (entro lo 0.2%) nella quantità predetta dalla perdita di energia sotto forma di onde gravitazionali. Queste arrivano a terra con una intensità troppo debole per poter essere […]
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La curiosità del mese a cura di Gabriele Ghisellini Siamo fortunati a vivere in questo periodo. Negli ultimi 10 anni siamo stati testimoni di scoperte fantastiche in astrofisica.Qui provo a fare una classifica personale, ma mi piacerebbe sapere cosa ne pensate voi, attraverso Facebook.Mi limito alle prime 5 secondo il mio giudizio, in ordine inverso … Al quinto posto metterei la scoperta più recente: il buco nero al centro della Via Lattea ha un fratello minore.Con una massa di centomila soli, a confronto dei 4 milioni del fratello più grande.Si trova a circa 200 anni luce dal centro della Via Lattea, dove c’è il fratello maggiore. Essendo nero, questo buco non emette luce, e quindi non l’abbiamo “visto”, ma ne supponiamo l’esistenza attraverso gli effetti che la sua grande gravità produce nelle nubi molecolari che lo circondano.Sono state proprio le velocità di queste nubi, misurate di recente da un team di scienziati giapponesi, a suggerire la presenza di questo secondo buco nero massiccio.La notizia è fresca fresca: l’articolo di questa scoperta è stato pubblicato il 4 settembre 2017 da Nature Astronomy: https://www.nature.com/articles/s41550-017-0224-zVedi anche : http://scienze.fanpage.it/scoperto-il-primo-buco-nero-intermedio-e-vicino-a-sagittarius-a-nel-cuore-della-via-lattea/ Al quarto posto: i successi delle sonde interplanetarie.A metà settembre abbiamo tutti assistito al “suicidio” della sonda Cassini, fatta penetrare nell’atmosfera di Saturno fino a farla diventare una stella cadente.Partita circa 19 anni fa, ha avuto una vita lunga ed estremamente produttiva: la discesa della sonda-figlia Huygens sulla superficie di Titano, la scoperta dei geyser di Encelado, la misura dell’abbondanza della molecola di idrogeno sopra la superficie di Encelado, hanno aperto nuove prospettive.Sotto la superficie di questo satellite di Saturno può esistere acqua liquida e calda, anche se siamo lontanissimi dalla zona di abitabilità standard, quella regolata dalla distanza di un corpo celeste dalla sua stella.E come dimenticare la piccola sonda Phylae che si è staccata dalla sonda madre Rosetta e per la prima volta è atterrata su una cometa? Al terzo posto si colloca la scoperta dei Fast Radio Bursts (vedi le curiosità di Settembre 2017 – Elettrodomestici cosmologici? e di Settembre 2013 – Beep radio […]
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La curiosità del mese a cura di Gabriele Ghisellini Non si può decidere a maggioranza se la relatività generale è giusta.Come ha detto bene Piero Angela, la velocità della luce non si fissa per alzata di mano.Se due scienziati hanno teorie diverse, non vince chi urla più forte. Né quello che ha più titoli. Se un giovane studente ha una opinione diversa da un premio Nobel, non ha ragione necessariamente il premio Nobel. Non ha necessariamente ragione neanche chi ha più esperienza, chi è più buono, chi ha dimostrato fino a quel momento di essere migliore.Né chi è più simpatico, chi si veste meglio, chi ci è più amico, chi è più rassicurante, chi è più telegenico, chi ha accumulato negli anni una grande autorevolezza.Certo, dobbiamo ascoltare le ragioni degli “esperti”, ma non è la loro esperienza che assicura la verità nella scienza.Nella scienza non c’è nessun principio di autorità. E non ci deve essere.Quando Einstein ha sconvolto il 1900 con le prime sue teorie rivoluzionarie (relatività e esistenza dei quanti) era un giovincello di 26 anni, escluso da quel mondo accademico a cui anelava. Oggi sarebbe un impiegato statale, magari alle poste. Laureato, sì, ma come ce ne sono tanti, alle poste …Quando de Broglie stava studiando per il suo dottorato, il suo relatore non sapeva che pesci pigliare: il suo dottorando voleva proporre che non solo le onde possono essere particelle, ma anche che le particelle potevano essere onde! Chiese aiuto ad Einstein che lo rassicurò. Ma de Broglie non aveva ragione solo perché anche Einstein era d’accordo con lui. Questo non basta, non è rilevante.E allora, come si fa a sapere se una teoria è valida? Badate bene, qui stiamo parlando di scienza, ma possiamo farci la stessa domanda guardando una trasmissione televisiva in cui due politici litigano. Come facciamo a stabilire chi ha ragione? Da quanta gente applaude uno o l’altro? No. E quando navighiamo in rete raccogliendo […]