La curiosità del mese a cura di Tomaso Belloni
Una stella di neutroni è un oggetto del raggio di una decina di chilometri e di massa quasi una volta e mezzo quella del nostro Sole.
Non soltanto la sua densità è quindi spaventosa e la sua struttura interna molto complessa ed elusiva, ma l’attrazione di gravità sulla sua superficie è estrema: miliardi di volte più forte che sulla terra.
Il fisico e scrittore di fantascienza statunitense Robert L. Forward nel 1980 ha scritto un bel romanzo, intitolato “Dragon’s Egg” e purtroppo inedito in Italia, in cui immagina una civiltà aliena che vive sulla superficie di una stella di neutroni.
Qui non ci addentriamo nell’argomento “vita su una stella di neutroni” ma vediamo cosa succede alla materia che ci atterra sopra.
Lo spazio non è mai completamente vuoto e un oggetto dalla attrazione di gravità così intensa agisce da aspirapolvere interstellare, attirando su di sè tutti gli atomi nelle vicinanze.
Però la densità tipica del mezzo interstellare è molto bassa e anche in una nube piuttosto densa questo “pasto” interstellare non è particolarmente estremo.
Ci sono però sistemi binari in cui una delle due stelle è una stella di neutroni.
Se la distanza fra le due stelle è abbastanza ridotta, la stella di neutroni strappa materia alla compagna e questa materia, con modalità complesse che qui non ci interessano, alla fine cade sulla superficie della stella di neutroni.
Stiamo parlando di gas, principalmente idrogeno ed elio.
Cosa succede a questo gas una volta che è giunto a destinazione?
Si accumula e forma uno strato sottilissimo sulla superficie, spargendosi su tutta la stella, vista la fortissima attrazione gravitazionale.
Sottilissimo e molto denso: più ne arriva più la sua densità e temperatura aumentano.
Quando la pressione alla base di questo strato di pochi metri diventa sufficientemente alta, si innesca una reazione termonucleare che funziona proprio come una bomba ad idrogeno: il calore della reazione incrementa la reazione stessa.
In brevissimo tempo la reazione consuma tutto il combustibile disponibile. In sostanza questo guscio sottile esplode.
Date le alte energie in gioco, l’esplosione emette una grande quantità di raggi X, che vediamo con i nostro telescopi.
Sono quelli che si chiamano “X-ray burst“.
Improvvisamente uno di questi sistemi diventa molto più brillante in uno o due secondi, per poi tornare alla normalità nel giro di uno o due minuti.
Dato che la materia che arriva sulla stella di neutroni continua ad arrivare, il fenomeno si ripete (se le condizioni sono quelle giuste).
I dettagli sono molto complessi, ma due aspetti sono particolarmente importanti.
Il primo è che all’accumularsi della materia non ci si può aspettare che la soglia per innescare la reazione nucleare sia raggiunta simultaneamente su tutta la superficie del “guscio”.
Ci sarà un punto in cui la reazione comincia prima, per poi espandersi a tutta la superficie.
Quindi nelle fasi iniziali ci sarà una macchia molto calda che si espande, appunto, a macchia d’olio.
Dato che le stelle di neutroni ruotano e quelle in sistemi di questo tipo ruotano molto velocemente, questa macchia ruota e l’emissione che vediamo non è continua, ma pulsata: per pochi secondi possiamo vedere una pulsazione in raggi X e misurare il periodo di rotazione della stella di neutroni.
La prima sorgente X in cui si è misurato il periodo di rotazione in questo modo è stata 4U 1728-34 nel 1996: 2.7 millisecondi (non avevo detto che ruotano molto velocemente?)
Il secondo è che la luminosità massima che si osserva durante un evento, corrispondente a tutta la superficie della stella di neutroni “in fiamme”, è la stessa per unità di superficie.
Dato che più o meno il raggio delle stelle di neutroni dovrebbe essere lo stesso, ci aspettiamo che la luminosità di picco degli eventi sia più o meno la stessa per tutti.
Questo è molto importante perchè rende questi eventi delle “candele standard” se so quanto sono luminose posso calcolare quanto sono distanti (distanza doppia, quattro volte più debole e così via), una misura sempre complicata in astronomia.
Un’ultima cosa: esistono sistemi simili, ma in cui l’oggetto collassato è una nana bianca: una massa vicina a quella del Sole, ma un raggio pari a quello della Terra.
Compatte, ma meno estreme. La stessa cosa avviene sulla loro superficie e in quel caso si parla di “novae“.
In pochi sistemi sono stati osservati più eventi a distanza di molti anni, per cui vengono chiamati “novae ricorrenti“.
Naturalmente, essendo le nane bianche molto più grandi delle stelle di neutroni, anche il fenomeno è meno estremo e può durare settimane o anche mesi.
Anche per le novae vale il discorso delle candele standard: un’altra classe di oggetti di cui si può determinare la distanza.