Astrocuriosità | giugno 2020 – Come si punta un telescopio?

La curiosità del mese a cura di Tomaso Belloni

Immagine Tomaso Belloni

Un telescopio sulla terra va puntato verso l’oggetto voluto.
Prima che fossero disponibili i computer, il telescopio si puntava a occhio, anche se il movimento veniva effettuato da un motore.
Dato che un telescopio abbastanza grande ha un campo di vista molto piccolo, la probabilità di “piazzare” la stella voluta proprio al suo interno era molto bassa.
Si usavano quindi piccoli telescopi coallineati, che mostravano una zona di cielo più grande: se la stella era al centro nel telescopio piccolo, chiamato telescopio cercatore, era (più o meno) nel centro del campo di quello grande.
Una volta visto l’oggetto si potevano fare correzioni fini. Se la stella, o la galassia, da osservare era troppo debole per essere vista con il telescopio piccolo, bastava fare una mappa di stelle brillanti per orientarsi e poi puntare nella direzione dell’oggetto voluto, per quanto non visibile.
Ora abbiamo i computer: si digitano le coordinate dell’oggetto e il telescopio fa tutto da solo.
Alla fine ci sono sempre delle piccole correzioni da fare, dato che nessun motore è così preciso, ma diciamo che il telescopio fa tutto da sè.
Una volta puntato l’oggetto, dato che la terra ruota, questo si sposta e bisogna andargli dietro, inseguirlo, per tenerlo puntato.
A questo scopo c’è sempre il computer che fa muovere il motore nel modo giusto (ci sarebbe da parlare di come è montato un telescopio, ma lo faremo un’altra volta).
Ma un telescopio su un satellite nello spazio?

Supponiamo che il nostro telescopio, che osserva il cielo in raggi X, stia puntando l’oggetto A, abbia finito l’osservazione e debba cambiare direzione di puntamento per osservare l’oggetto B.
Deve girarsi e per farlo usa delle ruote sfruttando il principio di conservazione del momento angolare.
Il satellite non sta ruotando: se la ruota comincia a ruotare in una direzione, per mantenere (conservare) la situazione tutto il satellite deve ruotare dalla parte opposta.
Se avete una sedia da ufficio su rotelle ben oliata potete provare, sollevando i piedi da terra, a ruotare rapidamente il busto in una direzione. La sedia con voi sopra ruoterà un po’ nella direzione opposta.
Nel caso della sedia, anche se avete oliato per bene il perno, l’attrito vi fermerà subito.
Nel caso del satelllite nello spazio attrito non ce n’è, ma basta fermare la ruota e si fermerà anche i satellite. Avendo più di una ruota si può controllare la direzione del satellite.
Non si tratta di un movimento veloce. Il “Neil Gehrels Swift Observatory” un satellite sviluppato da Stati Uniti, Regno Unito e Italia, ruota molto velocemente dato che deve andare a puntare fenomeni molto rapidi come i lampi di raggi gamma (Gamma-Ray Burst): per molto velocemente si intende un angolo di un grado per secondo.
Per girarsi completamente dall’altra parte impiega 180 secondi, cioè tre minuti.
La precisione di questi movimenti non è mai molto alta e tutto deve avvenire in modo automatico.
Per questo motivo sui satelliti ci sono dei piccoli telescopi ottici a grande campo che guardano continuamente il cielo, lo confrontano con le mappe del cielo che hanno in memoria, così che i satellite “sappia” in ogni momento dove sta puntando, cioè in che direzione si trova. Una volta che l’oggetto da osservare è nel campo di questi telescopi, il computer ottimizza le rotazoni per puntarlo.
Avere un controllo completo dell’assetto del satellite è molto importante: i pannelli solari devono essere puntati verso il sole, ma soprattutto gli strumenti scientifici, molto sensibili, NON devono puntare nemmeno nelle vicinanze del sole per non bruciarsi (a meno che non si tratti di un osservatorio solare, nel qual caso l’oggetto da puntare è sempre il sole).
Se i telescopi ottici, chiamati star tracker (tracciatori stellari) non riescono a capire cosa stanno guardando e quindi il comnputer non ricostruisce l’assetto del satellite, quest’ultimo impartisce al sistema gli ordini di chiudere tutto e mettersi in un assetto sicuro, dove certamente non si punta il sole e i pannelli solari sono allineati con il sole.
Una volta in questa configurazione deve intervenire l’uomo per capire il problema e far ripartire le operazioni ordinarie. Insomma, il modo di puntare un telescopio è più o meno lo stesso per strumenti a terra e nello spazio, anche se i dettagli sono molto diversi.

Fig. 1 - Immagine del primo dei due telescopi rifrattori fatti installare da Giovanni Virginio Schiaparelli, direttore dell’Osservatorio di Brera dal 1862 al 1900. Il telescopio ha un’apertura di 8 pollici (22 cm) e una lunghezza focale 320 cm: fu costruito dalla ditta Merz di Monaco di Baviera, uno dei migliori costruttori di telescopi dell’epoca, tra il 1862 e il 1865. Il telescopio è dotato di un congegno meccanico che comanda l’asse orario, facendo in modo che il puntamento del telescopio segua la rotazione diurna della volta celeste. Il telescopio si trova nella Cupola Schiaparelli nel nostro Museo Astronomico. Per maggiori informazioni vai alla pagina http://museoastronomico.brera.inaf.it/cupola-schiaparelli/. Crediti: Museo Astronomico di Brera.
Fig. 1 – Immagine del primo dei due telescopi rifrattori fatti installare da Giovanni Virginio Schiaparelli, direttore dell’Osservatorio di Brera dal 1862 al 1900. Il telescopio ha un’apertura di 8 pollici (22 cm) e una lunghezza focale 320 cm: fu costruito dalla ditta Merz di Monaco di Baviera, uno dei migliori costruttori di telescopi dell’epoca, tra il 1862 e il 1865. Il telescopio è dotato di un congegno meccanico che comanda l’asse orario, facendo in modo che il puntamento del telescopio segua la rotazione diurna della volta celeste. Il telescopio si trova nella Cupola Schiaparelli nel nostro Museo Astronomico. Per maggiori informazioni vai alla pagina http://museoastronomico.brera.inaf.it/cupola-schiaparelli/. Crediti: Museo Astronomico di Brera.
Fig. 2 - Immagine del satellite per l’astronomia X Neil Gehrels Swift Observatory sviluppato da Stati Uniti, Regno Unito e Italia e lanciato il 20 novembre del 2004 dalla base di Cape Canaveral. La durata della missione era stata inizialmente stabilita in due anni ma, grazie ai successi scientifici, alle buone condizioni del satellite e degli strumenti, ed alla stabilità dell’orbita, la missione è stata successivamente prolungata più volte ed è ancora attiva. Il nome Swift non è un acronimo ma si rifà al nome inglese del rondone, uno degli uccelli dal volo più agile e veloce, ed è stato scelto per richiamare la rapidità di puntamento del satellite garantita da un sistema giroscopico controllato da motori elettrici. Da Wikipedia.
Fig. 2 – Immagine del satellite per l’astronomia X Neil Gehrels Swift Observatory sviluppato da Stati Uniti, Regno Unito e Italia e lanciato il 20 novembre del 2004 dalla base di Cape Canaveral. La durata della missione era stata inizialmente stabilita in due anni ma, grazie ai successi scientifici, alle buone condizioni del satellite e degli strumenti, ed alla stabilità dell’orbita, la missione è stata successivamente prolungata più volte ed è ancora attiva. Il nome Swift non è un acronimo ma si rifà al nome inglese del rondone, uno degli uccelli dal volo più agile e veloce, ed è stato scelto per richiamare la rapidità di puntamento del satellite garantita da un sistema giroscopico controllato da motori elettrici. Da Wikipedia.