Astrocuriosità | luglio 2020 – eROSITA

Immagine di copertina per la curiosita` di luglio 2020

La curiosità del mese a cura di Gabriele Ghisellini

Immagine di Gabriele Ghisellini

Esattamente un anno fa, il il 13 luglio 2019, partiva un enorme razzo da Baikonour, in Kazakistan, con a bordo uno strumento sofisticato: un telescopio per i raggi X.

Anzi, ben sette telescopi, tutti uguali e coordinati tra loro.
Il suo nome?
eRosita, acronimo di “extended Röntgen Survey with an Imaging Telescope Array“.
Il nome contiene un pezzo di storia:
extended perchè il primo progetto (Rosita) era programmato per volare sulla Stazione Spaziale internazionale, ma poi non se ne fece niente.
Röntgen perchè in Germania i raggi X si chiamano raggi Röntgen, in onore dello scopritore (che fu il primo fisico a ricevere il premio Nobel, nel 1901).
Array perchè è una shiera di telescopi, non uno solo, pensati per fare uno “scanning” (Survey) di tutto il cielo, e di fornire le immagini di milioni di sorgenti. E in tutto questo c’è anche un pezzo di Italia: infatti i telescopi sono stati costruiti dalla Medialario, una ditta brianzola nata come spin-off delle ricerche di Oberto Citterio, il mago degli specchi X che lavorava proprio qui, all’Osservatorio di Brera, che ha inventato la tecnica di costruzione.

Inoltre il capo scientifico della missione è il bravissimo italiano Andrea Merloni, laureato alla Sapienza e dottorato a Cambridge, Inghilterra.

Ma perchè vogliamo guardare l’universo nei raggi X?
Cosa c’è di diverso dal guardarlo nella luce visibile?


Tento una analogia: nel visibile è come guardare come funzionano i mulini a vento o ad acqua, nei raggi X è come guardare come funzionano le bombe atomiche.
Un raggio X è almeno mille volte più energetico di un fotone del visibile. Può quindi venir prodotto da fenomeni più violenti di quelli che vede il nostro occhio.
Per esempio, la materia che cade in in buco nero, prima di oltrepassare il limite di non ritorno, si comprime così tanto da scaldarsi fino ad oltre qualche milione di gradi, e quindi emette raggi X.
Oppure la materia che si schianta sulla superficie di una stella di neutroni.

Oppure una stella di neutroni che viene squartata dall’immensa forza di marea di una sua gemella, poco prima di unirsi e fondersi con lei.
Ovunque ci sia gas caldo (e stiamo parlando di milioni di gradi) vengono prodotti raggi X.

E oltre che vicino a buchi neri e stelle di neutroni, così compatti, li troviamo anche nelle strutture più grandi dell’universo: gli ammassi di galassie.

Tra una galassia e l’altra infatti esiste del gas caldo, così rarefatto che non riesce a raffreddarsi e che quindi diventa un buon produttore di raggi X.
E poi negli scontri tra la materia lanciata dallo scoppio di una supernova che investe la materia circostante.
I raggi X ci raccontano storie violente, piene di energia, di esplosioni, di compressioni e di scontri colossali.
Diverse dal placido vivere del nostro Sole.
Anche se, a dirla tutta, anche il Sole produce parecchi raggi X attraverso la sua corona (la corona solare, quella che vediamo durante le eclissi) che riesce a raggiungere una temperatura di qualche milione di gradi.


eRosita è stato progettato per fare un censimento completo di tutte le sorgenti del cielo che riesce a rivelare.
E non una volta sola, ma per ben 8 volte. Il primo censimento, durato 6 mesi, è stato completato il 20 giugno 2020 e già ha raddoppiato il numero di sorgenti conosciute.
Alla fine, speriamo di avere un campione di circa tre milioni di Nuclei Galattici Attivi (in pratica, 3 milioni di super buchi neri posti al centro delle galassie) e circa 100.000 ammassi di galassie.

Questo ultimo numero sarà fondamentale per studiare le proprietà di uno dei misteri più profondi: la natura dell’energia oscura.


Nel censimento ottenuto finora, eRosita ha osservato 1,1 milioni di sorgenti, di cui 700.000 AGN, 200.000 corone stellari e 20.000 ammassi di galassie.
Nella didascalia delle immagini trovate una breve descrizione delle sorgenti più interessanti osservate da eRosita.

Per saperne di più:

eROSITA – eRosita sul sito del Max Planck Institute for Extraterrestrial Physics

Il cielo X come non l’avete mai visto – da Media Inaf del 19/06/2020

È l’ora di eRosita, un grandangolo per il cielo X – da Media Inaf del 14/06/2020

eRosita, le prime immagini promettono molto bene – da Media Inaf del 22/10/2019

eRosita: la Via Lattea ai raggi X – su EDU INAF

Fig. 1 - Andrea Merloni (del Max Planck Institute di Garching, in Germania), il responsabile scientifico della missione - Crediti: Media INAF
Fig. 1 – Andrea Merloni (del Max Planck Institute di Garching, in Germania), il responsabile scientifico della missione – Crediti: Media INAF
Fig. 2 - Non è facile riflettere un raggio X: bisogna sfruttare la riflessione a incidenza radente, e usare dei materiali infinitamente lisci: anche una corrugazione di pochi atomi sembra una montagna al raggio X che arriva. Questo schema fa vedere la doppia riflessione di un fotone per arrivare al fuoco del telescopio - Crediti: INAF-OAB.
Fig. 2 – Non è facile riflettere un raggio X: bisogna sfruttare la riflessione a incidenza radente, e usare dei materiali infinitamente lisci: anche una corrugazione di pochi atomi sembra una montagna al raggio X che arriva. Questo schema fa vedere la doppia riflessione di un fotone per arrivare al fuoco del telescopio – Crediti: INAF-OAB.
Fig. 3 - I sette telescopi per raggi X. Sensibili tra 0.2 e 10 chilo-elettron-Volt. Ogni telescopio è fatto da 54 shell innestate una dentro l’altra. Pensate che la rugosità delle superfici degli specchi (di nickel ricoperto da un sottile strato di oro) è al massimo di 3 decimi di nanometro - Crediti: Media INAF.
Fig. 3 – I sette telescopi per raggi X. Sensibili tra 0.2 e 10 chilo-elettron-Volt. Ogni telescopio è fatto da 54 shell innestate una dentro l’altra. Pensate che la rugosità delle superfici degli specchi (di nickel ricoperto da un sottile strato di oro) è al massimo di 3 decimi di nanometro – Crediti: Media INAF.
Fig. 4 - eRosita non è in orbita intorno alla Terra, ma intorno al Sole, nel punto lagrangiano L2, a circa 1 milione e mezzo di km dalla Terra - Crediti: eRosita.
Fig. 4 – eRosita non è in orbita intorno alla Terra, ma intorno al Sole, nel punto lagrangiano L2, a circa 1 milione e mezzo di km dalla Terra – Crediti: eRosita.
Fig. 5 - La prima mappa completa del cielo in raggi X ottenuta da eRosita. In media, ogni zona del cielo e' stata osservata per circa 180 secondi. Nel piano orizzontale al centro dell'immagine si vede il piano della Via Lattea, pesantemente oscurato da gas e polveri. Sono indicate alcune delle sorgenti piu' famose o interessanti. I colori sono codificati a seconda dell'energia dei raggi X: rosso per energie sotto i 0.6 keV (keV=migliaia di elettron Volt); verde per energie comprese tra 0.6 e 1 keV, e blu per energie sopra 1 keV - Crediti: Jeremy Sanders, Hermann Brunner, Andrea Merloni and the eSASS team (MPE); Eugene Churazov, Marat Gilfanov (on behalf of IKI).
Fig. 5 – La prima mappa completa del cielo in raggi X ottenuta da eRosita. In media, ogni zona del cielo e’ stata osservata per circa 180 secondi. Nel piano orizzontale al centro dell’immagine si vede il piano della Via Lattea, pesantemente oscurato da gas e polveri. Sono indicate alcune delle sorgenti piu’ famose o interessanti. I colori sono codificati a seconda dell’energia dei raggi X: rosso per energie sotto i 0.6 keV (keV=migliaia di elettron Volt); verde per energie comprese tra 0.6 e 1 keV, e blu per energie sopra 1 keV – Crediti: Jeremy Sanders, Hermann Brunner, Andrea Merloni and the eSASS team (MPE); Eugene Churazov, Marat Gilfanov (on behalf of IKI).
Fig. 6 - Il cerchio blu al centro di questa immagine è stato prodotto dalla riflessione di un lampo di raggi X prodotto dalla materia che cade in un buco nero. Infatti, un anno prima del lancio di eRosita, un altro telescopio X aveva osservato un aumento improvviso dell’emissione da questa sorgente (indicata come X-ray transient in figura). Questi raggi X hanno raggiunto una nube di gas, che li ha riflessi verso di noi, producendo l’anello che vediamo: una eco dello scoppio. Crediti: Georg Lamer (Leibniz-Institut für Astrophysik Potsdam), Davide Mella.
Fig. 6 – Il cerchio blu al centro di questa immagine è stato prodotto dalla riflessione di un lampo di raggi X prodotto dalla materia che cade in un buco nero. Infatti, un anno prima del lancio di eRosita, un altro telescopio X aveva osservato un aumento improvviso dell’emissione da questa sorgente (indicata come X-ray transient in figura). Questi raggi X hanno raggiunto una nube di gas, che li ha riflessi verso di noi, producendo l’anello che vediamo: una eco dello scoppio. Crediti: Georg Lamer (Leibniz-Institut für Astrophysik Potsdam), Davide Mella.
Fig. 7 - Alla distanza di "soli" 800 anni luce, Vela, un resto di supernova, appare in tutto il suo splendore anche 12.000 anno dopo lo scoppio. Al centro si vede la pulsar della Vela, la stella di neutroni originata dal collasso nucleo della stella progenitrice. L’emissione azzurra e brillante è Puppis-A, un altro resto di supernova. Crediti: Peter Predehl, Werner Becker (MPE), Davide Mella.
Fig. 7 – Alla distanza di “soli” 800 anni luce, Vela, un resto di supernova, appare in tutto il suo splendore anche 12.000 anno dopo lo scoppio. Al centro si vede la pulsar della Vela, la stella di neutroni originata dal collasso nucleo della stella progenitrice. L’emissione azzurra e brillante è Puppis-A, un altro resto di supernova. Crediti: Peter Predehl, Werner Becker (MPE), Davide Mella.
Fig. 8 - La vicina della Via Lattea: La Grande Nube di Magellano, e un suo ingrandimento ripreso da eRosita nell’Ottobre del 2019. Sono visibili alcuni sistemi binari che emettono raggi X e alcuni resti di supernova. Crediti: Frank Haberl, Chandreyee Maitra (MPE).
Fig. 8 – La vicina della Via Lattea: La Grande Nube di Magellano, e un suo ingrandimento ripreso da eRosita nell’Ottobre del 2019. Sono visibili alcuni sistemi binari che emettono raggi X e alcuni resti di supernova. Crediti: Frank Haberl, Chandreyee Maitra (MPE).
Fig. 9 - Ogni punto di questa immagine non è una stella, e non è nemmeno una galassia, ma è un ammasso di galassie. Anche gli ammassi di galassie amano raggrupparsi in gigantesche strutture chiamati super-ammassi di galassie. Quello che vediamo è il super-ammasso di Shapley, dal nome dello scopritore. Si trova a circa 650 milioni di anni luce dalla Via Lattea. Crediti: Esra Bulbul, Jeremy Sanders (MPE).
Fig. 9 – Ogni punto di questa immagine non è una stella, e non è nemmeno una galassia, ma è un ammasso di galassie. Anche gli ammassi di galassie amano raggrupparsi in gigantesche strutture chiamati super-ammassi di galassie. Quello che vediamo è il super-ammasso di Shapley, dal nome dello scopritore. Si trova a circa 650 milioni di anni luce dalla Via Lattea. Crediti: Esra Bulbul, Jeremy Sanders (MPE).