La curiosità del mese a cura di Daniele Spiga
Quel giorno del 1609, il Sig. Galileo Galilei fece una cosa che nessuno aveva mai fatto in tutta la storia precedente: puntò un cannocchiale su Giove, e vide quattro puntini luminosi ai suoi lati.
E pensò, come avremmo fatto tutti, che fossero stelle sullo sfondo. Ma il giorno dopo, quei puntini non solo avevano seguito Giove nel suo movimento nella volta celeste, ma avevano pure cambiato posizione fra loro e rispetto ad esso.
E così, notte dopo notte, un meravigliato ed emozionato Galileo osservò questi quattro “pianeti” (che chiamò medícei in onore del Granduca di Toscana, Cosimo II de’ Medici) cambiare continuamente disposizione mentre orbitavano intorno a Giove, descrivendo una specie di sistema solare in scala ridotta.
Galileo aveva appena scoperto che i pianeti possono avere delle lune, proprio come la Terra ha la sua Luna! E questo indicava che l’avere un satellite naturale non era poi un granché come status symbol; un motivo in più per sfrattare la Terra dal centro dell’Universo, insomma.
Ma allora, perché limitarsi a Giove? dovette chiedersi il suo contemporaneo Keplero… e ragionò nel seguente modo: la Terra ha una sola Luna, Giove ne ha quattro, e Marte che ci sta in mezzo ne avrà una via di mezzo, cioè due. Ragionamento molto poco scientifico, ma la cosa più incredibile è che ci azzeccò. Marte ha effettivamente due lune, Phobos e Deimos, anche se le si sarebbe osservate per la prima volta al telescopio solo nel 1877. E il mitico Keplero non aveva perso l’occasione per aver ragione ancora un’altra volta.[1]
Oggi sappiamo che Giove non ha solo 4 lune (Figura 2) ma ne ha ben almeno 95, note ad oggi (Figura 3).
Galileo aveva visto solo le 4 maggiori, ma intorno a Giove orbita un intero corteo di satelliti naturali, dal più grande (Ganimede, più grande di Mercurio, unica luna del Sistema Solare ad avere un proprio campo magnetico) al più piccolo (Megaclite).
Ma anche Saturno non scherza: un codazzo di 145 lune conosciute ad oggi, tra cui Titano, unica luna del Sistema Solare con una propria atmosfera (di azoto e idrocarburi). Urano si difende bene con 27 satelliti naturali e Nettuno segue con 14, sempre noti ad oggi, numeri destinati ad aumentare man mano che i nostri telescopi aumentano in sensibilità e risoluzione.
Ma… mentre i pianeti esterni fanno collezione di lune, noi terrestri ci dobbiamo accontentare di una sola Luna. Bella grande, certo, ma pur sempre una sola… eppure, poteva andarci peggio: Mercurio e Venere non ne hanno nessuna. Vi siete mai chiesti il perché di questa ingiustizia?
Ebbene: se ricordate, a maggio scorso avevamo detto che una luna non può avvicinarsi al suo pianeta oltre una distanza minima, il limite di Roche, pena la sua distruzione per effetto delle forze mareali.
Oltre ad essa, esiste anche una distanza massima oltre la quale la luna abbandona il suo pianeta e inizia a orbitare direttamente intorno al Sole.
In pratica, intorno ad ogni pianeta esiste una “regione di influenza” detta sfera di Hill, il cui raggio è uguale alla distanza dal pianeta dei suoi due punti lagrangiani L1 e L2 (Figura 4). Ad esempio, la sfera di Hill della Terra ha un raggio di 1.5 milioni di chilometri e la Luna, che ci orbita ben dentro a soli 384000 km, le resta fedelmente legata.
Se invece la spostassimo a una distanza superiore al raggio di Hill della Terra, la Luna abbandonerebbe l’orbita terrestre per diventare… un pianeta nano del Sole.[2]
Ora, il raggio di Hill non è una distanza fissa: si ottiene infatti moltiplicando la distanza dal Sole per la radice cubica del rapporto tra la massa del pianeta e il triplo di quella del Sole. Giove dista dal Sole 5.2 volte più della Terra e ha una massa 318 volte maggiore, quindi il suo raggio di Hill vale ben 53 milioni di chilometri, quasi la distanza media tra Sole e Mercurio! Si capisce quindi come Giove e gli altri pianeti gassosi del Sistema Solare, avendo delle sfere di Hill così grandi, abbiano potuto trattenere intorno a sé una simile collezione di lune.
Però … c’è un problema: l’orbita delle lune può cambiare nel tempo. Per esempio, la nostra Luna si allontana da noi di 3.8 cm all’anno a causa delle forze mareali che esercita sulla Terra, non è che di questo passo uscirà dalla nostra sfera di Hill per iniziare a vagare per il sistema Solare?
No: almeno nel nostro caso, non corriamo questo rischio. La Luna si allontana sì, in quanto la Terra ruota su se stessa in un tempo minore di quanto la Luna non completi un’orbita intorno ad essa, ma più lo fa e… non solo la Terra rallenta la sua rotazione, ma anche le maree diventano sempre meno ampie, riducendo la velocità di allontanamento, fino a che la Luna finirà per fermarsi a 1.5 volte la distanza attuale dalla Terra, quando il sistema andrà in blocco mareale (ne avevamo parlato un paio di anni fa).
Ma anche così, la nostra cara Luna sarà ancora all’interno della sfera di Hill della Terra, e non rischieremo di perderla.
E ora, consideriamo Mercurio (Figura 6): la sua vicinanza al Sole e la sua piccola massa gli conferiscono un raggio di Hill di appena 175000 km. Perciò, qualunque luna voglia orbitargli intorno dovrà stare a una distanza inferiore a tale valore. Ma secondo le leggi di Keplero, persino una luna posta a tale massima distanza possibile completerebbe un’orbita intorno a Mercurio in … 35 giorni, meno di quanto ci metta Mercurio a fare un giro sul suo asse (59 giorni circa). In tali condizioni, l’attrito delle maree prodotto da questa malcapitata luna la frenerebbe progressivamente ma inesorabilmente, (proprio come sta facendo Marte con la sua luna maggiore, Phobos), facendola avvicinare fino a quando non arriverà a una distanza inferiore al limite di Roche di Mercurio (Figura 7) e finirà in mille pezzi, stritolata dalle forze di marea del pianeta.
In realtà… per la luna in pericolo esisterebbe un’ultima speranza: accelerare la rotazione di Mercurio durante la discesa fino a creare un blocco mareale e fermare così tutto il meccanismo prima di varcare il punto di non ritorno. Ma si può calcolare che questo avverrebbe solo se l’ipotetica luna avesse almeno lo 1.5% della massa della nostra Luna, ovvero se avesse un diametro di almeno 450 km, ma oggetti di queste dimensioni non si osservano nel sistema solare interno.
Un discorso simile si può fare per Venere, il cui raggio di Hill è ben maggiore di quello di Mercurio (1 milione di chilometri), essendo più massiccia e più distante dal Sole.
Ancora una volta, le leggi di Keplero dicono che una luna orbitante a tale distanza completerebbe un’orbita intorno a Venere in 127 giorni. Disgraziatamente, Venere ha una rotazione molto lenta: ben 243 giorni, per di più retrograda, quindi la povera luna si troverebbe ancora una volta nelle condizioni di essere frenata dalle forze di marea, e sarebbe comunque destinata a essere triturata al passaggio del limite di Roche di Venere.
Da tutto questo, traiamo una lezione: se vogliamo cercare delle lune al di fuori del sistema solare, ci conviene cercarle intorno a pianeti abbastanza massicci, abbastanza lontani dalla loro stella, e che non girino su sé stessi né troppo lentamente né troppo velocemente.
Attualmente conosciamo con certezza più di 5500 eso-pianeti, ma nessuna eso-luna (ci sono varie candidate, ma finora non confermate), probabilmente perché i nostri strumenti non sono ancora abbastanza sensibili, ma le cose potrebbero cambiare con il lancio degli osservatori PLATO (previsto nel 2026) e poi ARIEL (previsto nel 2029).
Tuttavia, a giudicare dal profluvio di lune intorno ai nostri giganti gassosi, alcune di queste grandi come pianeti… e se ogni stella dei 200 miliardi che compongono la nostra galassia ha in media almeno un pianeta e almeno i giganti gassosi hanno un centinaio di lune ciascuno… allora il numero di mondi, tra pianeti e lune, tra cui cercarne uno abitabile diventa veramente da capogiro.
E chissà che un giorno non troviamo una luna con atmosfera, acqua liquida e forme di vita complessa. Non vi viene in mente Avatar?
[2] Per l’esattezza, pur orbitando intorno al Sole, resterebbe in risonanza orbitale 1:1 con la Terra, il che farebbe della Luna un quasi-satellite della Terra. Ne parleremo un’altra volta…
[1] Mi sto rendendo conto che cito Keplero in media una su due volte che scrivo qualcosa. C’è qualcosa che non va… oppure la mia ammirazione per Keplero è veramente sconfinata!