La curiosità del mese a cura di Luigi Foschini
La curiosità di questo mese riguarda un oggetto compatto particolare, dal pittoresco nome Grande Annichilatore, che si trova dalle parti del centro della Via Lattea (Fig. 1). Il nome astronomico è invece 1E 1740.7-2942, dove 1E sta per la prima versione del catalogo delle sorgenti cosmiche osservate dal satellite Einstein, mentre gli altri numeri indicano le coordinate astronomiche riferite all’anno 1950: quindi, 1740.7 vuol dire ascensione retta 17h 40.7m e -2942 sta per declinazione -29° 42′.
Einstein era il secondo di una serie di tre satelliti della NASA dedicati all’astrofisica delle alte energie (High-Energy Astrophysical Observatory HEAO-2, 1978-1981) e rinominato in onore del celebre scienziato ebreo Albert Einstein (14 marzo 1879 – 18 aprile 1955). Il satellite aveva quattro strumenti per le osservazioni ai raggi X con energia tra 0.2-20 keV (per confronto, pensate che l’occhio umano è sensibile a fotoni con energia di circa 1 eV) e fu il primo satellite a ottenere immagini a tali energie. Parte del tempo di osservazione fu dedicata a mappare il centro della Via Lattea e i risultati di queste osservazioni furono pubblicati nel 1984 da P. Hertz e J. Grindlay. In questo articolo comparve per la prima volta questa sorgente, ma non suscitò particolare attenzione. Peraltro, 1E 1740.7-2942 si trova in prossimità del centro Galattico, dove la presenza di grandi quantità di materia interstellare assorbe la luce visibile, per cui è estremamente difficile trovare la controparte ottica, che rimane tutt’ora incerta.
La sorpresa arrivò nel 1990, quando il centro della Via Lattea fu osservato nuovamente dal satellite sovietico GRANAT (1989-1998). A bordo aveva diversi strumenti, tra cui anche apparecchi francesi e danesi, operanti ai raggi X e raggi gamma (2 keV – 100 MeV). In particolare, il telescopio francese SIGMA (30 keV – 1.3 MeV) osservò la zona del centro Galattico e, grazie al suo campo di vista molto ampio (5°), l’osservazione incluse anche 1E 1740.7-2942, che si trova a circa 50 minuti d’arco dal centro. SIGMA non fece solo immagini, ma produsse anche lo spettro della sorgente (ovvero l’arcobaleno), in cui era prominente una linea di emissione variabile all’energia di 511 keV (Fig. 2).
Per capire l’importanza di questa scoperta è necessario fare una digressione. È noto che l’Universo è composto in prevalenza da materia, ma anche da una piccola parte di antimateria. Per quanto il nome evochi subito scenari fantascientifici, l’antimateria è semplicemente materia con caratteristiche elettromagnetiche opposte. Quindi, il protone ha carica elettrica positiva, mentre l’antiprotone ha carica negativa. L’elettrone ha carica negativa, ma l’antielettrone (detto anche positrone) ha carica positiva. Esiste anche l’antineutrone, nonostante il neutrone sia elettricamente neutro: la differenza, in questo caso, è nel momento magnetico, che ha direzione opposta a quella del neutrone. Quando una particella incontra un’antiparticella, avviene l’annichilazione (dal latino nihil, nulla), ovvero la materia si annulla con l’antimateria e tutta la massa si trasforma in energia secondo la celeberrima equazione di Einstein, E=mc^2. Nel caso di elettroni e positroni, la massa corrisponde a un’energia di 511 keV, ovvero, l’annichilazione di un elettrone e positrone genera due fotoni di energia pari a 511 keV. Si può quindi capire cosa vuol dire la linea di emissione a 511 keV nello spettro di 1E 1740.7-2942: la presenza di annichilazione materia-antimateria, da cui il nome Grande Annichilatore.
Tuttavia, la generazione di una linea di emissione così prominente richiede una enorme quantità di materia e antimateria (qualcosa come 10 miliardi di tonnellate di positroni in un secondo!), che si legano insieme formando uno pseudo-atomo chiamato positronio, composto da un elettrone e un positrone in orbita reciproca l’uno con l’altro. È un sistema molto instabile, che decade (ovvero le due particelle si annichilano) dopo tempi tra 0.12 e 142 ns, a seconda dalla temperatura e dalla densità ambientale.
Inoltre, il profilo della linea può fornire molte informazioni. La linea osservata nello spettro di 1E 1740.7-2942 si può scomporre in due componenti, una col profilo ampio, che suggerisce sia generata in prossimità dell’oggetto compatto (probabilmente un buco nero di 5-6 masse solari) tanto da essere distorta dalla sua gravità; l’altra componente ha invece un profilo stretto, suggerendo un’origine più lontana. Inoltre, la linea era variabile: presente in certe osservazioni, assente in altre (Fig. 3).
Un nuovo tassello per comprendere questo mosaico venne da Mirabel et al., che nel 1992 trovarono la controparte radio di 1E 1740.7-2942. Altra grande sorpresa: la morfologia radio era quella di due getti bipolari, simili ai getti di materia espulsi dai poli dei buchi neri supermassicci al centro delle galassie, ma ovviamente su scala ridotta (Fig. 4). I due scienziati proposero quindi di chiamare queste sorgenti microquasar, dato che sono la versione su scala ridotta dei quasar. Luque-Escamilla et al. (2015) studiando le variazioni della morfologia radio del getto hanno trovato un moto di precessione con periodo di ~1.3 anni. Dalle variazioni strutturali hanno dedotto una distanza dalla Terra pari a ~8 kpc (~26000 a.l.) e, quindi, la lunghezza del getto è stimata essere ~2.4 pc (~8 a.l.).
Sempre nel lavoro di Mirabel et al. (1992), gli autori notavano anche la presenza di una nube di gas intorno al microquasar, confermata anche da osservazioni più recenti come quella di Tetarenko et al. (2020) con l’Atacama Large Millimeter/Sub-millimeter Array (ALMA) a 86.6 GHz per tracciare l’acido cianidrico (HCN), un indicatore della presenza della maggior parte di gas. Queste osservazioni hanno mostrato una specie di bolla in espansione intorno al microquasar, probabilmente sotto la spinta dei getti relativistici (Fig. 5). A questo punto è possibile spiegare il profilo composito osservato della linea a 511 keV: la parte con profilo più ampio deriva dalla presenza di positronio nella regione più interna del disco di accrescimento, dove la gravità del buco nero ne distorce ampiamente il profilo. La parte col profilo più stretto, invece, viene generata più lontano, dove il getto relativistico impatta la nube di gas (Fig. 6).
Oggi, il Grande Annihilatore viene ancora osservato e studiato. Ci sono ancora molti dubbi sulla controparte ottica di questo microquasar, che dovrebbe essere una stella. L’assorbimento significativo in quella direzione dovuto alla presenza di gas e polvere interstellare, unitamente all’affollamento di oggetti celesti in prossimità del centro Galattico, rende la ricerca estremamente difficoltosa. Lo studio più recente di J. Martí pubblicato nel 2010, afferma di aver trovato la controparte, suggerendo che sia una stella gigante azzurra di tipo O, in contrasto con quanto si pensava inizialmente su una compagna di piccola massa. Nel 2006, V. Bosch-Ramon ha elaborato un modello secondo cui il buco nero ha una massa pari a 5 volte quella del Sole ed espelle un getto di materia con velocità pari al 60% di quella della luce nel vuoto e orientato a 45° rispetto alla direzione della Terra.