La curiosità del mese a cura di Tomaso Belloni
Oggi torniamo a parlare di tempo e di calendario, proseguendo il discorso iniziato con la curiosità di gennaio 2018 (“Il giorno più corto”).
Allora abbiamo parlato di anno, solstizi ed equinozi.
Qui parliamo del calendario più in generale, di imperatori e di papi.
Una suddivisione del tempo è necessaria per organizzare le attività e gli eventi astronomici forniscono tre tempi fondamentali: il giorno, il mese e l’anno.
Il giorno è il tempo di rotazione della terra, anzi per essere più precisi il tempo di rotazione apparente del sole intorno alla terra.
La terra ruota sul proprio asse facendo un giro in poco più di 23 ore, 56 minuti e quattro secondi.
Dato che in questo tempo il pianeta si sposta nella sua orbita intorno al sole, perchè il sole torni ad essere nello stesso punto bisogna aspettare ancora 3 minuti e 56 secondi: in totale 24 ore.
Il mese è il tempo di rotazione della luna intorno alla terra, per cui si applica la stessa correzione di cui sopra: la luna torna nello stesso posto rispetto alle stelle in media ogni 29 giorni 12 ore e 43 minuti.
L’anno è il tempo di rivoluzione della terra intorno al sole, pari a 365.242374 giorni, quasi esattamente.
Il giorno è utile per scandire il tempo giornaliero: per motivi storici è diviso in 24 ore, le ore in 60 minuti e i minuti in 60 secondi.
Ce le siamo inventate noi e la suddivisione è esatta. Anche qui ci sarebbe da raccontare, ma non abbiamo spazio.
L’anno è essenziale per le attività a lungo termine, soprattutto quelle di tipo agricolo. Il mese è un ottimo tempo intermedio.
Qui sorge il problema: non c’è un numero intero di giorni in un mese e non c’è un numero intero di mesi in un anno, e sarebbe bizzarro se fosse così.
Da qui il problema del calendario, che ha tenuto occupata l’umanità per secoli.
Come far quadrare questi numeri?
La storia del calendario nei secoli e nelle varie civiltà è molto interessante, ma faremo un’altra volta.
Concentriamoci su come abbiamo fatto noi, intesi come discendenti degli antichi Romani.
Prima di Giulio Cesare, il calendario romano aveva dodici mesi, chiamati come i nostri (con l’eccezione di luglio e agosto, i cui nomi derivano da Giulio e Augusto e prima di Cesare si chiamavano Quintilis e Sextilis, da cui si capisce il perchè siano settembre, ottobre e così via).
Questi mesi avevano una durata fra 28 (indovinate quale? Ce ne è sempre uno ed è sempre lo stesso) e 31 giorni.
Qui già capiamo che già da allora si era lasciata perdere l’idea di allineare i mesi con la luna, come infatti non è adesso, nessuno guarda la luna per capire che giorno sia.
Il problema è che il totale sommando i giorni dei mesi faceva 355, un po’ troppo poco.
Per ovviare al problema, ogni tanto veniva aggiunto un mese, Intercalaris, fra febbraio e marzo, accorciando febbraio di qualche giorno.
Intercalando nel modo giusto si poteva tenere una media di 365.25 giorni all’anno, solo che spesso non si intercalava nel modo giusto e la situazione stava diventando confusa.
Nell’anno 709 Ab Urbe Condita, cioè il nostro 45 AC, entra in vigore il calendario voluto da Giulio Cesare, chiamato calendario Giuliano.
Basta con questa storia complicata di mesi intercalare, gli anni sono di 365 giorni, ma uno ogni quattro è bisestile, cioè ne ha 366.
La media fa 365.25. I mesi venivano ridefiniti in lunghezza (trenta giorni ha novembre …) e il giorno in più ogni quattro anni veniva aggiunto in febbraio, per la precisione dopo il 24 febbraio: dato che il 24 febbraio era detto “sexto die ante Kalendas Martias“, sesto giorno prima delle calende di marzo, il nuovo giorno veniva chiamato “bis sexto die” il doppio sesto giorno.
Peccato che 365.25 non sia esatto, guardando il numero sopra (365.242374) mancano 11 minuti all’anno.
Più il tempo passava, più il calendario si allontanava dal vero. Passano i secoli e si arriva alla fine del XVI secolo: sono passati più di 1500 anni e a nove minuti all’anno fanno quasi dieci giorni!
La primavera non iniziava più il 21 marzo, ma l’11 marzo. Per la chiesa questo era un grave problema, perchè la Pasqua deve cadere, secondo la regola stabilita nel Concilio di Nicea nel 325, la prima domenica dopo il plenilunio di primavera e se la primavera si è spostata a seconda degli anni si può sballare di un mese, scombinando tutto il calendario liturgico.
Il papa Gregorio XIII, al secolo Ugo Boncompagni, nel 1582 promulga la bolla papale “Inter gravissimas” a Villa Mondragone presso Monte Porzio Catone, a un passo da dove oggi sorge l’Osservatorio Astronomico di Roma, per risolvere la situazione.
D’ora in poi ci sarà un aggiustamento: tutto come prima, gli anni divisibili per 4 sono bisestili (come il nostro 2020, che avremmo forse fatto meglio a saltare), ma se l’anno è un multiplo di 100 e non di 400 niente 29 febbraio.
In altre parole, 1700,1800,1900,2100 non sono bisestili (perchè non divisibili per 4), mentre 1600,2000,2400 lo sono (perchè multiplo di 400).
Con questo conto l’anno medio dura 365.2425: non esatto, ma sufficientemente vicino in modo tale che l’anno sarà sbagliato di un giorno solo verso il 9800.
Il calendario è sistemato, per il futuro, ma i 10 giorni che mancano all’appello per colpa di quel pagano di Giulio Cesare?
L’unico modo per recuperare il tempo perduto è tagliare il calendario: fu deciso che il giorno dopo il giovedì 4 ottobre 1582 fosse il venerdì 15 ottobre. La riforma è buona ed era necessaria, ma era fatta da un Papa e i paesi non cattolici hanno resistito, chi più chi meno.
Nel giro di due anni i paesi cattolici l’hanno adottata.
I protestanti calvinisti e luterani solo nel 1700 e quelli anglicani nel 1752. La chiesa ortodossa non l’ha mai adottato, per cui tutte le festività religiose sono “ritardate” di dieci giorni rispetto alle nostre.
La Rivoluzione di Ottobre nel 1917 in Russia è avvenuta per noi a inizio novembre, ma in Russia era ancora ottobre.
Tutti gli anni va spiegato e non posso non farlo anche qui: il 13 dicembre (Santa Lucia) non è “il giorno più corto che ci sia”, che nel 2020 è stato il 21 dicembre.
Lo era prima del 1582 per via dell’errore accumulato dal calendario giuliano, ma le frasi tradizionali sono difficili da cambiare.
Agli astronomi però i salti del tempo non piacciono e non hanno adottato la riforma.
In astronomia il tempo viene misurato in “giorni giuliani” ovvero il numero di giorni che sono passati dal mezzogiorno del 1 gennaio 4713 AC, senza salti.
L’anno iniziale è scelto molto indietro per poter considerare anche eventi antichi. Il giorno giuliano inizia non a mezzanotte, ma a mezzogiorno, questo perchè in astronomia, almeno in quella ottica, si osserva di notte e in questo modo il giorno non cambia numero durante le osservazioni.
A mezzogiorno del 1 gennaio 2021 inizierà il giorno giuliano 2459216.
Dato che per gli usi pratici questo numero è sempre un po’ tanto grande e ormai con i telescopi spaziali e i radiotelescopi non si osserva soltanto di notte, viene spesso usato il “giorno giuliano modificato”, corrispondente al giorno giuliano meno 240000.5, corrispondente all’inizio del 17 novembre 1858, il giorno della fondazione della città di Denver, in Colorado.
Storia, matematica e astronomia hanno giocato a lungo per arrivare al calendario che abbiamo oggi.