La curiosità del mese a cura di Gabriele Ghisellini
Henrietta Swan Leavitt nasce a Lancaster, nel Massachusetts, nel 1868 da Henrietta Swan Kendrick, e George Leavitt, un pastore protestante congregazionista. È la prima di 7 fratelli (ma due moriranno da piccoli). La sua famiglia non è ricca, ma benestante, e ha la fortuna di avere due genitori che impartiscono una ottima educazione sia ai figli maschi che alle femmine.
Dopo le scuole superiori vorrebbe frequentare l’Università, ma in America a quel tempo le università sono solo maschili, tranne pochi istituti di livello universitario che potevano essere frequentati solo da donne. Uno di questi è il Radcliffe College, che Henrietta frequenta per laurearsi in studi umanistici. Ma al quarto anno di università frequenta dei corsi di astronomia, e si innamora della materia. Si laurea nel 1892 (a 24 anni) e trova un posto di assistente al Beloit College, in Wisconsin. Nel 1895 si offre come volontaria (non pagata) all’Harvard College Observatory, diretto allora da Edward Pickering. Questo osservatorio aveva uno sterminato archivio di lastre fotografiche del cielo, e il progetto di Pickering era di realizzare un catalogo di tutte le stelle osservate (circa mezzo milione). Era convinto che le donne fossero più dotate degli uomini per questo genere di lavoro, che richiedeva meticolosità anche se era noioso. Ma probabilmente la vera ragione era che Pickering poteva pagarle la metà di quello che avrebbe dato a un uomo. In quegli anni Henrietta soffre di una infezione grave, che la rende sorda. Negli anni in cui Pickering è stato direttore, ha assunto più di cinquanta donne, che erano chiamate ufficialmente le donne calcolatrici e scherzosamente l’Harem di Pickering.
Nel 1902 dopo anni di lavoro gratis, ottiene di ricevere un salario di 30 centesimi di dollaro l’ora, e Pickering le assegna il compito di analizzare le lastre ottenute con un telescopio di 60 cm, in Perù, che raffiguravano tutte la Piccola Nube di Magellano. In particolare, il suo compito era quello di studiare quali stelle fossero variabili, e di quanto variassero, compito reso possibile dal fatto che molte lastre riprendevano lo stesso campo stellare. Henrietta è scrupolosa, ma anche inventiva. Non si accontenta di eseguire con meticolosità il suo compito, ma comincia a notare delle regolarità nel modo in qui certe stelle variavano. Erano stelle Cefeidi e il loro flusso sembrava salire rapidamente e scendere più lentamente per poi ricominciare lo stesso ciclo. Henrietta poteva calcolare facilmente quanto tempo durava un ciclo, quello che chiamiamo periodo. Notò che quelle che avevano il periodo più lungo avevano anche il flusso più grande, erano più brillanti.
Ci si potrebbe chiedere come mai queste regolarità non erano state notate prima. La ragione è che si conoscevano altre variabili Cefeidi, ma non si sapeva la loro distanza. Quindi se una cefeide fosse stata lontana, sarebbe apparsa debole, pur avendo un periodo lungo. Invece, analizzando le stelle della Nube di Magellano, si aveva la certezza che tutte le stelle fossero alla stessa distanza, anche se questa non era ancora conosciuta.
Quindi i flussi ricevuti erano proporzionali alla luminosità. All’inizio degli anni Venti del 1900 si riesce a trovare la distanza di una Cefeide con il metodo della parallasse, che permette di calibrare questa relazione, che ora venne chiamata relazione Periodo – Luminosità, o semplicemente legge di Leavitt.
Le Cefeidi sono stelle giganti, con una luminosità intrinseca che è 1000 – 10.000 volte quella del Sole. Si possono osservare quindi anche se sono molto lontane, addirittura in altre galassie. E infatti, nel 1923, Edwin Hubble, utilizzando il telescopio da 2,5 metri di diametro, riesce a scoprire una Cefeidi nella “nebulosa” di Andromeda, come veniva chiamata allora. Ne misura il periodo, e tramite la legge di Leavitt calcola la sua luminosità intrinseca. Confrontando con il flusso ricevuto riesce a trovare la sua distanza: 2 milioni e mezzo di anni luce. Con lo stesso metodo delle Cefeidi Harlow Shapley aveva poco tempo prima misurato le dimensioni della Via Lattea: centomila anni luce. Quindi Andromeda non è una nebulosa interna alla Via Lattea, ma una galassia posta all’esterno di essa. Nel 1923, quindi, l’Universo conosciuto diventa molto più grande.
Ma Hubble non si ferma e pochi anni dopo, nel 1929, trova la distanza di decine di altre galassie, scoprendo che più sono lontane, e più si allontanano velocemente da noi: l’Universo si sta espandendo, una nuova rivoluzione copernicana. Hubble riconosce che tutto questo è stato possibile grazie a Henrietta Leavitt.
Ma qual è il meccanismo all’origine di questa variabilità così regolare? È dovuta al motore della stella, cioè alle reazioni termonucleari del suo nucleo o ad altri motivi? Oggi sappiamo che la ragione della variabilità è dovuta ad un cambio di opacità di uno strato intermedio della stella, e non a una variazione della potenza intrinseca. Pensiamo ad uno strato intermedio dell’inviluppo della stella, dove la temperatura è circa 200.000 gradi, che corrisponde ad una radiazione ultravioletta, capace di ionizzare gli atomi di elio presenti nello strato. L’elio ionizzato fa diventare più opaco lo strato, perché è produttore di elettroni liberi che interagiscono di più con la radiazione. Ma lo strato non si scalda molto, perché l’energia della radiazione è in parte spesa per foto-ionizzare l’elio. Bisogna aspettare che la fotoionizzazione sia completa, o quasi, perché lo strato si scaldi. Questo corrisponde al minimo della luminosità emessa. Quando lo strato si scalda, si espande, e contemporaneamente si raffredda, e l’elio si ricombina (cioè recupera gli elettroni e diventa neutro). Questo fa sì che lo strato diventi più trasparente: la radiazione può uscire. Questo corrisponde al massimo di luminosità osservata. Subito dopo, lo strato si raffredda, ritorna nella sua posizione iniziale e il ciclo può ricominciare.
Ma torniamo a Henrietta Leavitt, che nel 1912 prepara una pubblicazione che contiene la sua grande scoperta. Ma non la firma. Anche se può sembrare strano e ingiusto (e indubbiamente lo è) questo lavoro viene firmato dal solo Pickering, che cita (bontà sua) che il lavoro era preparato da Henrietta Swan Leavitt. La quale continuerà a lavorare normalmente, fino a quando Shapley viene nominato direttore, nel 1921. Shapley finalmente la promuove a membro dell’osservatorio. Ma Henrietta è da tempo malata di cancro allo stomaco, e muore nel dicembre dello stesso anno. Poco prima Shapley era andato a trovarla in ospedale, e ricorderà questo gesto come una delle poche cose giuste che ha fatto…
Nel 1926 un matematico svedese, Gösta Mittag-Leffler, vorrebbe candidarla al premio Nobel, scrive a Shapley per avere informazioni, e viene informato della sua morte, avvenuta 5 anni prima. Il Nobel non si può dare postumo. Come riconoscimenti postumi, un cratere lunare viene battezzato Henrietta Leavitt e le viene dedicato anche un asteroide.