Astrocuriosità | maggio 2023 – Gravità tritatutto: il limite di Roche

La curiosità del mese a cura di Daniele Spiga

Immagine di Daniele Spiga

Siete felici di vivere in un Universo con gravità? Io sì, molto. Sono molto felice che il mio pianeta stia tutto insieme grazie alla sua auto-gravità. E per lo stesso motivo, che la mia casa sia saldamente appoggiata a terra, che i palloni ricadano verso il suolo, che i bicchieri stiano al loro posto sul tavolo, e che mi basti inclinare una brocca per riempirli d’acqua. Diamo la gravità per scontata e non ci stupiamo più di tanto se le mele cadono dall’albero, mentre per gli astronauti in orbita sulla Stazione Spaziale, in caduta libera intorno alla Terra, la gravità scompare e fare tutte le cose che ho appena detto diventa impossibile. Ma la gravità ha anche un lato oscuro: non solo può farci cadere e picchiare per terra con esiti più o meno dolorosi, ma può rivelarsi un autentico distruttore di mondi, uno spietato killer in agguato dietro la curvatura dello spazio-tempo. Ma come è possibile?

Riprendiamo il filo del discorso che avevamo iniziato a settembre 2021. Il fatto che il centro di massa del sistema Terra-Luna non coincida con il centro della Terra e la diversa gravità della Luna sui diversi punti della Terra tende a “stirarla” nel senso della lunghezza e a “strizzarla” ai fianchi. Il risultato sono le maree, particolarmente visibili sui mari e sugli oceani che, essendo liquidi, si deformano immediatamente sotto l’effetto di questa combinazione di forze che perciò chiamiamo forze mareali. Allo stesso modo, (Figura 1) la Terra esercita forze mareali sulla Luna. Come risultato, sia la Terra che la Luna non sono sfere perfette: assumono una forma leggermente prolata (tipo un pallone da rugby). Questo è anche il motivo per cui la Luna è in rotazione sincrona (Figura 2), cioè ci rivolge approssimativamente sempre la stessa faccia: se non lo facesse, dovrebbe deformarsi continuamente sotto l’effetto delle forze di marea e dissipare un sacco di energia di rotazione. E tutto va abbastanza bene, finche Terra e Luna si tengono a una certa distanza di sicurezza.

Ma le forze mareali hanno una caratteristica: aumentano in proporzione non con l’inverso del quadrato, ma con l’inverso del cubo della distanza. Ad esempio, se la Luna e Terra dimezzassero la loro distanza, le forze mareali diventerebbero 8 volte maggiori; se la distanza si riducesse a 1/10 (come era alla sua formazione), la Luna sarebbe soggetta a forze mareali 1000 volte più intense, e così via. Insomma, crescerebbero in maniera incredibilmente rapida, fino a un certo punto in cui… supererebbero la stessa gravità che tiene insieme la Luna. E a quel punto, la Luna potrebbe solo frantumarsi in mille pezzi (certo, le rocce lunari sono tenute insieme anche dalle forze di legame tra i suoi atomi; tuttavia, sono forze a raggio limitato che possono ben poco contro la gravità della Terra). Questa distanza critica, detta limite di Roche – dal nome di Édouard Roche, l’astronomo che la previde teoricamente verso il 1850 – è una specie di “linea rossa” che non deve essere superata da un corpo in orbita intorno ad un altro più massiccio… se vuole restare tutto di un pezzo. Restate sempre a distanza da certi tipacci, specie se sono più grossi di voi…!

Ora, il limite di Roche è proporzionale alla radice cubica del rapporto fra la massa del pianeta e la densità media del satellite, quindi varia da sistema a sistema. Per il sistema Terra-Luna, esso è pari a circa 18000 km dal centro della Terra. La nostra Luna ne dista attualmente 384000 km, e per di più si sta allontanando, quindi – almeno su questo – possiamo dormire sonni tranquilli. Ma nel sistema solare ci sono satelliti che, a differenza della Luna, si stanno pericolosamente avvicinando al loro pianeta. É il caso di Phobos, uno dei due satelliti di Marte (Figura 3); poiché orbita a una quota molto bassa (meno di 6000 km dalla superficie, anche lui in rotazione sincrona come la Luna) e più velocemente di quanto Marte ruoti sul suo asse, l’attrito delle maree causa il frenamento di Phobos e quindi ne abbassa l’orbita di 2 cm all’anno. Si calcola abbastanza facilmente che tra circa 50 milioni di anni Phobos supererà il limite di Roche a 3000 km di quota e andrà in frantumi, formando un anello intorno a Marte.[1]

Nel frattempo anche Tritone, satellite di Nettuno (Figura 4), che per l’attrito delle maree si abbassa attualmente di 9 cm all’anno, avrà continuato la sua marcia verso il limite di Roche, ma questo verrà superato solo tra 3.6 miliardi di anni. Per vedere dei veri anelli di Nettuno, oltre a quelli che ha già (molto più tenui), dovremo dunque aspettare ancora un po’. In realtà per allora il Sole sarà divenuto più luminoso del 40% rispetto a oggi, come preludio alla sua trasformazione in gigante rossa, e la Terra sarà divenuta inabitabile da molto tempo, quindi forse non ci sarà nessuno ad assistere a questo spettacolo. A meno che per allora non ci saremo già trasferiti tutti su Titano

Eventi come questi, ma su scala molto più grande, si registrano in continuazione nell’Universo, ogni volta che una stella o un pianeta hanno la cattiva idea di avvicinarsi troppo ad un oggetto abbastanza massiccio. Ad esempio, ci sono pianeti che orbitano così vicino alla loro stella (come ad esempio Kepler-1658b) che la loro orbita decade, lentamente ma inesorabilmente…, per attrito delle maree, e quindi finiranno per disintegrarsi una volta superato il limite di Roche della stella. Altri esempi, ancora più “eclatanti”, sono rappresentati dai meccanismi che innescano le Supernove di tipo Ia, le più luminose dell’Universo, oppure gli eventi di distruzione mareale che avvengono quando una stella si avvicina troppo all’orizzonte degli eventi di un buco nero di massa stellare, e ne viene completamente smembrata prima di ricadere a spirale dentro di esso.

Ma, come al solito, torniamo al nostro sistema solare. Abbiamo capito ormai che una luna non può orbitare entro il limite di Roche del suo pianeta senza diventare un anello, giusto? Ma è vero anche il contrario: un anello di detriti esterno al limite di Roche tenderà a “riaccumularsi” perché la sua gravità prevale sulle forze di marea, formando una luna in pochi decenni! È proprio così che la nostra Luna si è formata dall’accumulo dei detriti sollevati dalla collisione della Terra con un pianeta delle dimensioni di Marte, avvenuta circa 4.5 miliardi di anni fa. E in effetti, Saturno ha i suoi anelli all’interno del suo limite di Roche: tutto OK (Figura 5). Ma ecco che, come al solito, le scoperte intervengono a mettere in crisi le nostre teorie: giusto qualche mese fa (febbraio 2023, Figura 6) si è scoperto che il pianeta nano Quaoar ha degli anelli. E il problema è che questo anello è a una distanza tre volte maggiore del limite di Roche per Quaoar, quindi semplicemente non dovrebbe esistere.

Non vi basta? Il pianeta J1407b (Figura 7) è un gigante gassoso (gigante davvero: 10-20 la massa di Giove), orbita intorno a una stella a 430 anni luce da noi, ed è famoso per avere gli anelli più grandi conosciuti: 120 milioni di km di raggio, l’80% della distanza Terra-Sole! Come possono esistere degli anelli del genere, visto che il limite di Roche è a soli 640000 km dal centro del pianeta?

Una delle possibili spiegazioni è che questi anelli “anomali” si siano appena formati a causa di un impatto (che purtroppo non abbiamo osservato…). Se questa ipotesi è giusta, nei prossimi decenni dovremmo vedere progressivamente scomparire questi anelli per formare una luna (nel caso di Quaoar) oppure un sistema di lune (nel caso di J1407b). Altrimenti, dovremo completamente rivedere le nostre teorie, e non sarebbe né la prima né l’ultima volta che lo facciamo; anche la teoria più elegante va in frantumi di fronte a una solida prova sperimentale che le contraddice. Anche per le teorie scientifiche, si potrebbe dire, esiste un limite di Roche.

[1] Il nostro Sistema Solare avrà quindi due pianeti con gli anelli? Non proprio, perché nel frattempo gli anelli di Saturno saranno quasi scomparsi. L’Universo è un ambiente dinamico…


Figura 1: le forze mareali agenti sulla Luna tendono a “stirarla” nella direzione della Terra e a comprimerla ai lati (crediti: D. Spiga).
Figura 1: le forze mareali agenti sulla Luna tendono a “stirarla” nella direzione della Terra e a comprimerla ai lati (crediti: D. Spiga).
Figura 2: la nostra Luna (crediti: G. H. Revera via Wikimedia Commons, CC BY-SA 3.0) ci mostra sempre la stessa faccia a causa delle forze mareali che la Terra esercita su di essa.
Figura 2: la nostra Luna (crediti: G. H. Revera via Wikimedia Commons, CC BY-SA 3.0) ci mostra sempre la stessa faccia a causa delle forze mareali che la Terra esercita su di essa.
Figura 4: Tritone, il satellite maggiore di Nettuno, osservato dalla sonda Voyager 2 nel 1989 (crediti: NASA/JPL). Le macchie scure sono probabilmente criovulcani che emettono azoto e monossido di carbonio ghiacciati.
Figura 4: Tritone, il satellite maggiore di Nettuno, osservato dalla sonda Voyager 2 nel 1989 (crediti: NASA/JPL). Le macchie scure sono probabilmente criovulcani che emettono azoto e monossido di carbonio ghiacciati.

Figura 5: gli anelli di Saturno, in colori naturali, ripresi nel 2004 dalla sonda Cassini (crediti: NASA/JPL/Space Science Institute).
Figura 5: gli anelli di Saturno, in colori naturali, ripresi nel 2004 dalla sonda Cassini (crediti: NASA/JPL/Space Science Institute).
Figura 6: rappresentazione artistica del pianeta nano Quaoar, della sua luna Weywot, e del suo anello (crediti: ESA, CC BY-SA 3.0 IGO, Work performed by Atg under contract for ESA).
Figura 6: rappresentazione artistica del pianeta nano Quaoar, della sua luna Weywot, e del suo anello (crediti: ESA, CC BY-SA 3.0 IGO, Work performed by Atg under contract for ESA).
Figura 7: rappresentazione artistica dell’esopianeta J1407b e dei suoi giganteschi anelli (crediti: Tiouraren via Wikimedia Commons, CC BY-SA 3.0).
Figura 7: rappresentazione artistica dell’esopianeta J1407b e dei suoi giganteschi anelli (crediti: Tiouraren via Wikimedia Commons, CC BY-SA 3.0).