La curiosità del mese a cura di Gianluigi Filippelli

Nell’astrocuriosità di maggio 2025 avevo raccontato come il modello di Ising, progettato per studiare le catene di spin, aveva fornito la base per la progettazione delle reti neurali.
In questo secondo articolo proviamo a capire come le reti neurali sono state e sono ancora utili in astronomia.
Lo studio delle immagini astronomiche
Le reti neurali, come abbiamo visto, sono uno strumento molto potente per analizzare dati. Possono essere utilizzate in molti ambiti della ricerca, inclusa l’astronomia. E uno dei primi utilizzi in questo campo è
nell’esame delle immagini astronomiche prodotte dagli strumenti di osservazione, sia quelli da Terra sia quelli in orbita. Per esempio nel 2003 Jorge Núñez e Jorge Llacer descrivono lo sviluppo di un algoritmo
destinato allo studio della segmentazione delle immagini astronomiche, che poi applicano per lo studio della separazione stellare e successivamente per rielaborare una foto di Saturno. L’algoritmo sviluppato dai due astronomi è un algoritmo di rete neurale. Un altro gruppo di ricerca, nel 2004, ha invece proposto di utilizzare gli algoritmi delle reti neurali per lo studio del redshift (cui partecipanorono anche due ricercatori dell’INAF, uno dei quali Paolo Saracco della nostra sede di Brera). La rete neurale utilizzata dagli astronomi, detta Multilayer Perceptron NN, è stata addestrata utilizzando dati reali provenienti dall’Hubble Deep Field North,
ed è stata poi utilizzata per esaminare l’attendibilità dei dati di redshift. L’obiettivo finale è stato quello di far predire alla rete neurale l’andamento del redshift all’interno di un dato campione, ottenendo dei risultati decisamente incoraggianti.
Digressione: Logica fuzzy
Una piccola curiosità, che non sono riuscito a inserire dentro il video, è legata alla logica fuzzy. Questa è una logica leggermente diversa rispetto alla logica usuale cui siamo abituati, molto più simile alla logica
quantistica. In questo caso il valore di verità può assumere i valori compresi tra 0, che indica un’affermazione completamente falsa, e 1, che indica un’affermazione completamente vera. Se, per esempio, prendiamo un bicchiere con dell’acqua dentro, potremo fornire la percentuale con cui è vera l’affermazione “il bicchiere è pieno”, al 100%, all’80%, al 50% e così via. La logica fuzzy, quindi, presenta diverse somiglianze con la funzione di attivazione che abbiamo visto in precedenza, per cui non deve
stupire se in alcune reti neurali è stata implementata proprio la logica fuzzy.
Pesare le galassie
Facciamo, ora, un salto di 20 anni e vediamo un’applicazione astronomica delle reti neurali più recente di quelle che abbiamo appena esaminato. A ottobre 2023 (poi l’uscita dell’articolo è stata lanciata con un comunicato stampa a febbraio 2024) un gruppo di ricercatori, tra cui alcuni dell’INAF, è riuscito ad addestrare una rete neurale per compiere calcoli astronomici piuttosto complessi. Uno dei dati essenziali dell’astronomia è il “peso” delle galassie. Per esempio è proprio grazie alla valutazione della massa di
alcune galassie che si è riusciti a scoprire l’esistenza della materia oscura. Ci sono diverse tecniche per pesare le galassie, alcune basate sulla spettroscopia, come due progetti in cui l’INAF è coinvolta, WEAVE e
4MOST. Queste osservazioni producono, generalmente, una gran mole di dati a cui, successivamente, vengono applicati, tramite algoritmi opportuni generalmente sviluppati dagli stessi astronomi, calcoli piuttosto complicati e laboriosi che prendono diversi giorni di calcolo. E per abbattere il tempo di calcolo, il gruppo di ricerca ha pensato di addestrare una rete neurale a compiere i calcoli al posto degli attuali algoritmi. Il primo passo di questa strada è stato addestrare una rete neurale utilizzando le simulazioni su
cui si basano i calcoli, o in termini più pop, insegnare la fisica all’intelligenza artificiale. E questa, quando ha trattato i dati reali, ha effettivamente mostrato di aver “imparato” la fisica, riproducendo perfettamente i risultati ottenuti con i metodi classici. Il metodo, che ha indubbiamente lo svantaggio iniziale di dover attendere i tempi di apprendimento della rete neurale, ha il vantaggio di ridurre i successivi tempi di calcolo fondamentalmente perché, a differenza di un algoritmo usuale, la rete neurale non riparte mai da zero, ma dal punto cui è arrivata in precedenza. E questi tempi si vanno man mano riducendo con l’arricchimento del database. Un effetto collaterale che poi i ricercatori sperano di ottenere, come aveva ricordato Nicola Napolitano, uno dei ricercatori INAF coinvolti, è che la rete neurale riesca addirittura a “scoprire” della nuova fisica, o quanto meno a indirizzare la ricerca teorica verso la scoperta di leggi della natura non ancora osservate.
P.S.: Il testo è basato su un articolo che ho scritto per MaddMaths! nel 2010 Reti neurali e astronomia (la versione attualmente on-line è priva delle equazioni, invece presenti nella versione in inglese) e su Il machine learning al servizio dell’astronomia pubblicato sul mio blog DropSea.



