Cieli di Brera | 2024

Una serie di incontri con alcuni grandi astrofisici e astrofisiche italiani/e che, oltre che nel proprio settore di ricerca, si sono distinti anche per le capacità di comunicazione.

Tutti gli incontri si svolgono solo in presenza alle ore 18.00 presso la Sala Aldo Bassetti della Pinacoteca in Palazzo Brera, via Brera 28, dove fin dal 1762 ha sede l’Osservatorio Astronomico di Brera.

INGRESSO LIBERO FINO AD ESAURIMENTO POSTI (posti disponibili: 100)

Prossimi eventi

  • 11 dicembre
    Fotoni trasformisti: lo strano caso di GRB 221009A
    Lara Nava, INAF-Osservatorio Astronomico di Brera

Come può un fotone molto energetico, da più di 12 Teraelectronvolt per la precisione, percorrere indisturbato una distanza di 2,4 miliardi di anni-luce ed arrivare fino a noi? Perché non è stato fermato e assorbito dai fotoni di più bassa energia che ha inevitabilmente incontrato lungo la sua strada? Secondo la nostra attuale comprensione, è estremamente improbabile riuscire ad osservare sulla Terra fotoni cosi energetici prodotti da sorgenti cosi distanti. Eppure è proprio quello che è successo il 9 ottobre 2022, da una sorgente chiamata GRB 221009A. È possibile che i fotoni cambino la loro natura durante il viaggio, eludendo cosi le interazioni con chi fermerebbe il loro cammino e arrivando sani e salvi fino a noi?

Biografia
Lara Nava è ricercatrice presso l’osservatorio Astronomico di Brera. Dopo essersi laureata in Fisica e aver conseguito il dottorato in Astrofisica e Astronomia, ha intrapreso la carriera di ricercatrice lavorando presso diversi atenei in Italia e all’estero. La sua attivita di ricerca ha ottenuto riconoscimenti e supporto da finanziamenti a livello Europeo e Nazionale. Membro delle collaborazioni MAGIC, ASTRI e CTA, che osservano il cielo alle altissime energie, ha recentemente concentrato il suo interesse sulla comprensione dell’origine dei raggi gamma prodotti da sorgenti lontane, chiamate Gamma-Ray Bursts (GRB).

Eventi passati

  • 13 novembre
    L’arte di classificare le galassie: dalla morfologia alla genetica?  
    Roberto Rampazzo, INAF – Osservatorio Astrofisico di Asiago

È singolare come sul valore di H_0, la costante nella legge di Hubble-Lemaître, si siamo fronteggiati in questo “secolo cosmico”, centinaia di astronomi e cosmologi. Per contro, solo pochissimi, i giganti dell’astronomia extragalattica, hanno osato por mano al “tuning fork”, la classificazione delle galassie, l’altro pilasto della costruzione di Hubble. Metaforicamente, se i cosmologi sono paragonabili agli urbanisti, i classificatori di galassie sono stati dall’inizio degli anni ’30 del secolo scoso dei grandi architetti: le classificazioni morfologiche fino agli anni ’60 appaiono come le cattedrali gotiche dell’astronomia extragalattica. Le prime simulazioni al computer, negli anni ’70, e le osservazioni delle galassie interagenti rompono quelle simmetrie al punto che Halton Arp afferma “a guardarla sufficientemente da vicino ciascuna galassia ti sembra peculiare”. Serve, dunque, ancora classificarle? Negli ultimi decenni, la grande mole di dati morfologici e fisici, i carotaggi cosmici e la incredibile profondità raggiunta dalle osservazioni in tutte le bande dello spettro elettromangnetico stanno trasformando i classificatori in statistici e persino in genetisti che ambiscono ricostruire, come dal patrimonio genetico, la storia evolutiva d’insieme di ciascuna famiglia di quelle ormai antiche architetture extragalattiche. 

Biografia
Roberto Rampazzo è un astrofisico associato all’Istituto Nazionale di Astrofisica. Esperto di astrofisica extra-galattica ha lavorato all’Osservatorio Astronomico di Brera in Milano, all’Osservatorio Astronomico di Padova, all’Osservatorio Astrofisico di Asiago ed in alcune istituzioni straniere. È co-autore di  numerosi articoli su riviste scientifiche internazionali e atti di congressi. È stato referee per le maggiori riviste scientifiche internazionali. Ha curato “From the Realm of the the Nebulae to Populations of Galaxies – Dialogues on a century of Research” (Ed.s D’Onofrio M., Rampazzo R., Zaggia S. 2016, ASSL 435) per Springer. Si è occupato attivamente di divulgazione scientifica pubblicando su riviste italiane di astronomia popolare. Assieme a Valeria Zanini, nel 2023 ha pubblicato con CLEUP il saggio “Oltre i bastioni della Via Lattea. Dalle nebulose alle galassie lontane”, una storia divulgativa dell’astronomia extra-galattica.

  • 2 ottobre
    “Io ne ho viste cose che voi umani…” – SHARP, uno strumento per l’Extremely Large Telescope
    Gaia Lops, Università degli Studi di Parma

Come si sono formate le prime galassie? E le prime stelle? E quali meccanismi hanno contribuito alla loro formazione e successiva evoluzione? Sono solo alcune delle “cose che noi umani” non abbiamo mai visto, ma che siamo solo riusciti a immaginare e teorizzare. Ora però possiamo passare dal pensiero ai dati astronomici grazie a SHARP, uno strumento progettato per l’Extremely Large Telescope (ELT), il telescopio terrestre più grande al mondo attualmente in costruzione nel deserto di Atacama, in Cile. II suo completamento è previsto per il 2028; nel frattempo è necessario pensare e progettare gli strumenti in grado di sfruttare le sue enormi potenzialità. La collaborazione tra SHARP e ELT ci consentirebbe di svelare alcuni dei più grandi misteri dell’Universo ma… c’è un ma: anche SHARP è al momento una di quelle “cose che noi umani” non abbiamo mai visto. Deve essere ancora costruito e poi si dovrà attendere almeno fino al 2026 per sapere se entrerà a far parte della strumentazione di ELT. E se non dovesse farcela? Niente panico: nel mondo della ricerca scientifica non si butta via niente. Soprattutto le idee.

Biografia
Gaia Lops è laureata in Astrofisica e Fisica dello Spazio presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Per un breve periodo è
rimasta all’interno del mondo accademico per sviluppare ulteriormente il suo lavoro di tesi su LISA, una futura missione dell’ESA dedicata alla rilevazione di onde gravitazionali. Dopo aver lavorato per un’azienda di consulenza strategica e tecnologica ha intrapreso una nuova strada:
quella della divulgazione scientifica. A breve, conseguirà il Master in Comunicazione Scientifica presso l’Università di Parma con una tesi dal
titolo: “Comunicare un progetto scientifico di interesse internazionale: SHARP – uno spettrografo pensato per l’Extremely Large Telescope”.

  • 12 giugno ANNULLATO PER INDISPONIBILITA’ DELLA SALA
    Fotoni trasformisti: lo strano caso di GRB 221009A
    Lara Nava, INAF-Osservatorio Astronomico di Brera
  • 13 marzo
    L’Universo Oscuro
    Lorenzo Pizzuti, Università degli Studi di Milano-Bicocca

Negli ultimi 100 anni l’essere umano si è affacciato ad un nuovo modo di indagare l’universo. Abbiamo scoperto moltissimo su ciò che ci circonda, svelando alcuni degli affascinanti e sorprendenti segreti dello spazio siderale. Tuttavia, lo spiraglio che abbiamo aperto con questa nuova branca della fisica, la cosmologia, ha inavvertitamente rilasciato un vero e proprio vaso di Pandora verso un lato “oscuro” del cosmo ancora da indagare. In un breve viaggio alle frontiere dell’universo, scopriremo cosa sa la scienza del suo contenuto e del suo destino, e quali punti rimangono avvolti dal mistero.

Biografia
Lorenzo Pizzuti, classe 1992, è ricercatore e divulgatore all’università di Milano Bicocca. Membro del consorzio Eucild, si occupa principalmente di studiare gli ammassi di galassie per comprendere come funziona la gravità alle scale più grandi. Molto attivo nella comunicazione della scienza, fa parte del gruppo di divulgazione “Melody on Time” e cura diversi progetti di disseminazione dell’astronomia con le scuole e il grande pubblico. È autore di tre volumi divulgativi, l’ultimo pubblicato a gennaio; nel 2016 ha vinto la finale nazionale del concorso “FameLab – la scienza in tre minuti”.

  • 15 maggio
    Una finestra sull’Universo invisibile: La Radioastronomia e il ruolo dell’Italia
    Carla Giovannini, Prof.ssa Università di Bologna

L’uomo ha sempre studiato il cielo pensando che quello fosse l’Universo. Mai avrebbe potuto immaginare la produzione naturale nello spazio di onde elettromagnetiche uguali a quelle delle rice-trasmissioni. Era l’inizio del 1900 ed era stata scoperta la Radioastronomia, che avrebbe aperto, appunto, una “finestra” su un Universo peraltro “invisibile”. Le conoscenze acquisite in questo secolo sono state enormi e saranno illustrate succintamente. L’Italia ha partecipato attivamente negli ultimi 65 anni costruendo potenti strumenti e contribuendo alla conoscenza di questo nuovo Universo con importanti risultati scientifici. Inoltre, applicando le tecniche radioastronomiche, è coinvolta in ricerche anche non astronomiche come la geodinamica, il tracciamento di detriti spaziali, la ricerca di intelligenze extraterrestri. Collabora anche alla costruzione di giganteschi radiotelescopi multinazionali.

Biografia
Carla Giovannini Fanti si è laureata in Fisica nel luglio 1964 a Bologna col prof. Ceccarelli, ideatore e costruttore del radiotelescopio Croce del Nord, e padre della radioastronomia in Italia. Da allora si è sempre occupata di questa disciplina, che ha anche insegnato a Bologna come prof. associato. Oltre a brevi soggiorni presso i maggiori centri di ricerca nel mondo ha trascorso un anno al Caltech (1968) ed un anno a Leida (1980). È stata nella commissione per l’assegnazione del tempo di osservazione dell’European VLBI Network. Cessato l’insegnamento nel novembre 2005, ha mantenuto per una decina di anni la collaborazione (gratuita) con l’INAF, continuando a seguire il lavoro tesi di laureandi e dottorandi.