Astrocuriosità | settembre 2022 – DART, ovvero: come giocare a biliardo con gli asteroidi

La curiosità del mese a cura di Daniele Spiga

Va bene… con tutte le cose che ci hanno creato preoccupazione in questi ultimi anni, ci mancherebbe pure un asteroide in rotta di collisione con la Terra. In effetti, ogni anno c’è sempre qualche asteroide di dimensioni di alcune decine o centinaia di metri che passa piuttosto vicino al nostro pianeta.

In alcuni casi, si tratta di oggetti piccoli e poco luminosi che sono stati scoperti da pochissimo, o addirittura totalmente inattesi come la famosa meteora di Cheljabinsk. Più di frequente, invece, sono asteroidi scoperti da tempo, il cui movimento è stato calcolato precisamente, e di cui sappiamo prevedere i prossimi incontri ravvicinati; sono i cosiddetti NEA (Near-Earth Asteroids) che nel caso si avvicinino alla terra meno di 0.05 unità astronomiche appartengono al club ancora più ristretto del PHA (Potentially-Hazardous Asteroids).

Non sono mica pochi, sapete? Al momento in cui scrivo se ne conoscono quasi 2300… come ad esempio Apophis, che il 13 aprile 2029 passerà a meno di 30000 km dalla superficie terrestre. Ma al momento – almeno in questo stiamo tranquilli – nessun asteroide conosciuto sopra i 50 m di diametro ha una probabilità significativa di impattare con la Terra. Ma se stanotte ne venisse scoperto uno (e magari, grosso alcuni chilometri) che dovrebbe colpirci fra un secolo causando una catastrofe globale, cosa potremmo fare per difenderci?

Dimenticate le soluzioni che arrivano da Hollywood: sarebbe totalmente inutile lanciargli contro il nostro arsenale nucleare (anche se… potrebbe essere un buon modo per disfarcene). No, non funzionerebbe nemmeno se ci scavassimo prima un buco per mettere le bombe in profondità.

Infatti, gli asteroidi sono oggetti porosi, spesso incoerenti, e l’onda d’urto risultante dall’esplosione verrebbe attutita dagli spazi vuoti fra roccia e roccia, impedendone la distruzione. Al massimo, si creerebbe un cratere, ma i detriti risultanti probabilmente finirebbero per ri-ammassarsi sotto la loro stessa gravità. E saremmo al punto di prima.

Ma se avessimo un tempo sufficiente prima del botto, non sarebbe sufficiente dargli un piccolo colpo per “spostarlo” di quel tanto che basta – ma anche alcune migliaia di chilometri – perché manchi la Terra nel Giorno del Giudizio? E salvare l’Umanità dall’estinzione? In un modo elegante e non violento, e magari vinciamo anche il Nobel. Anzi, ne vinciamo due. E magari quell’anno l’Italia ritorna pure a giocare ai Mondiali. Non ditemi che non lo avete mai immaginato…

Ma c’è chi, invece di sognare a occhi aperti, si è messo al lavoro per provarci davvero! E così l’anno scorso (Figura 2) la NASA ha lanciato DART, Double Asteroid Redirection Test: la missione che per la prima volta nella Storia cercherà di deviare dalla sua orbita un asteroide!

Giusto per cominciare, uno non tanto grande: Dimorphos, 85 m di raggio, a sua volta satellite di un altro asteroide: Didymos (che infatti in greco significa “gemello”, Figura 3). Non è un PHA e… no, non lo diventerà in seguito alla deviazione. Quando DART raggiungerà Dimorphos tra meno di un mese, si lancerà come un kamikaze andandovi a impattare a 24000 km/h (Figura 4), usando il suo sistema a guida autonoma e accelerato da un potente motore a ioni. Insomma, non proprio un incontro non-violento, ma la conseguenza rilevante è che Dimorphos modificherà leggermente la sua velocità orbitale intorno a Didymos.

Poca roba, giusto una variazione di mezzo millimetro al secondo o poco più, ma abbastanza per dimostrare il concetto di base, e cioè che possiamo deviare eventuali asteroidi pericolosi, almeno quelli non troppo grandi. Se tutto va come previsto, il periodo orbitale di Dimorphos dovrebbe subito ridursi da 12 ore a 11 ore e 50 minuti, cosa che potrà essere accuratamente monitorata dai radiotelescopi a terra, senza attendere un giro completo del sistema intorno al Sole. Oltre a ciò, il cratere creato dalla collisione cambierà la “forma” di Dimorphos (da cui il nome) e la dinamica dell’impatto rivelerà dettagli interessanti sulla struttura degli asteroidi, che è ancora largamente sconosciuta.

Un momento! Ma…se DART si schianterà su Dimorphos, come potrà osservare il cratere che andrà a formare? Tranquilli, hanno pensato … anzi, abbiamo pensato anche a questo! Sì, perché 10 giorni prima della collisione, DART rilascerà un Cubesat, una sonda delle dimensioni di una scatola da scarpe che si incaricherà di riprendere la dinamica dell’impatto da una distanza di sicurezza, e di trasmetterci tutto a Terra. Questo gioiellino (Figura 5), realizzato dalla Argotec di Torino, si chiama LICIAcube (Light Italian Cubesat for Imaging of Asteroids) ed è un piccolo capolavoro dell’ingegneria italiana, disegnato per “autopilotarsi” nello spazio profondo anziché in orbita terrestre. E infine, per la gioia dei fan della saga di Star Wars, le sue camere si chiamano LUKE e LEIA.

Funzionerà questa sorta di “biliardo” cosmico?

Lo sapremo presto, teniamo i telescopi puntati e le dita incrociate… intanto l’esplorazione non finisce qui, perché nel 2024 verrà lanciata un’altra sonda (Hera) che raggiungerà Didymos-Dimorphos per mettersi in orbita e studiarli a fondo, all’esterno e all’interno, compreso un modulo che dovrà atterrarvi sopra per analizzarne la superficie. E per inciso, questo mese dovrebbe partire un’altra sonda, Psyche, all’esplorazione di un altro asteroide (16 Psyche, appunto), che ha la caratteristica di essere prevalentemente metallico, probabilmente il nucleo di un pianeta andato distrutto… insomma, è un bel momento per conoscere questi interessantissimi “scrigni” del passato del nostro Sistema Solare, e anche imparare a domarli.

I dinosauri non lo hanno fatto, e 66 milioni di anni fa (Figura 6 e Figura 7) lo hanno pagato con l’estinzione. Noi abbiamo, grazie alla scienza e alla tecnologia usata nel modo giusto, la possibilità di sceglierci un destino diverso.

Un’ultima riflessione: difenderci da una minaccia planetaria come un impatto asteroidale potrebbe essere una buona occasione per dimenticare i nostri insensati desideri di dominio sugli stati nostri vicini, smettere di operare ognuno per conto proprio e agire come Genere Umano con uno scopo comune: sopravvivere.

Cosa che non si è vista né con la pandemia né con la guerra in Ucraina, e sul fronte del cambiamento climatico non è che andiamo molto meglio. Chissà che la consapevolezza del rischio cosmico non riesca, almeno una volta, almeno per un po’ di tempo, a metterci tutti d’accordo.

 

Per saperne di piu’ dal nostro portale Media Inaf:

05/10/2022 – Le immagini riprese da terra del primo asteroide attivo artificiale – La lunga coda di Dimorphos 

02/10/2022 – Una grande nube di polvere in espansione nello spazio – L’impatto di dart visto da Webb e Hubble

27/09/2022 – Ora grande e` l’attesa per le immagini acquisite da LiciaCube – Colpito un asteroide: storica impresa della NASA

30/06/2022 – Con Hera, l’ESA andra` a verificare le conseguenze dell’impatto – Dart, forse non andra` come previsto

03/01/2022 – Draco ci regala le sue prime immagini dallo spazio – Nell’occhio di Dart

24/11/2021 – Il decollo alle 7:21 a bordo di un razzo Falcon 9 di Spacex – Dart, lancio avvenuto. Colpira` un asteroide

12/07/2021 – La prima missione di difesa planetaria – LiciaCube pronto per salire a bordo di Dart

 

 

 

 

 

Figura 1: il Barringer Meteor Crater vicino a Flagstaff, Arizona,1.2 km di diametro (crediti: D. Spiga), probabilmente prodotto da un asteroide di 50 m di diametro caduto 50000 anni fa. E ce ne sono di ben più grandi in orbita intorno al Sole… un po’ dovremmo preoccuparcene.
Figura 2: 23 novembre 2021, lancio di DART a bordo di un vettore Falcon 9 di Space-X dalla base di Vanderberg (California). Crediti: NASA.
Figura 3: una sequenza di immagini radar di Didymos-Dimorphos osservati da Arecibo nel 2003 (crediti: NASA). Dimorphos è il puntino luminoso situato in alto rispetto all’asteroide principale.
Fig. 6 - Profilo della missione DART (crediti: NASA/JHU Applied Physics Lab).
Figura 4: profilo della missione DART (crediti: NASA/JHU Applied Physics Lab).
Figura 5: LICIAcube presso i laboratori della Argotec di Torino (crediti: Wikipedia).
Figura 6: lo strato sedimentario alla transizione tra Cretacico e Paleocene (66 milioni di anni fa), con la sua alta concentrazione di iridio, testimonia l’avvenuto impatto di un asteroide. L’iridio è infatti molto raro nella crosta terrestre (grotte di Geulhemmergroeve, Paesi Bassi). Crediti: Wikipedia.
Figura 7: Il Tyrannosaurus Rex (Carnegie Museum of Natural History, Pittsburgh, crediti: Wikipedia) è stata una delle vittime dell’asteroide che causò la grande estinzione del Cretacico. Noi non vogliamo essere i prossimi, vero?