La curiosità del mese a cura di Tomaso Belloni
Oggi è finalmente il grande giorno: osserveremo una pulsar veloce in accrescimento, che ha un periodo di rotazione di 2.5 millisecondi, simultaneamente con due satelliti per astronomia X, cosa che ci permetterà anche di confrontare i risultati con quelli ottenuti qualche mese fa con un altro satellite.
Coordinare le osservazioni è stato difficile, dato che non solo bisogna ottenere tempo di osservazione in date specifiche, notoriamente non agevole, ma anche perchè non era ovvio che i due satelliti potessero osservare proprio simultaneamente, visto che sono su due orbite diverse con limitazioni diverse.
Ho un problema però: i due satelliti osserveranno da posizioni diverse e questo significa che i dati che arrivano non saranno veramente simultanei, dato che la distanza dalla pulsar sarà diversa.
Si dirà che una differenza di qualche migliaio di chilometri non è nulla rispetto alla distanza di una sorgente astronomica, ma quello che dobbiamo confrontare è il tempo che la radiazione impiega a viaggiare per questa distanza con il periodo della pulsar.
Se siamo in una configurazione sfortunata i due satelliti potrebbero avere una distanza dalla sorgente diversa di 7000 chilometri.
Per fare questo tragitto i fotoni X impiegano 23 millisecondi, quasi dieci volte la pulsazione.
Troppo. Per essere chiari: se io osservo al tempo T un massimo nella pulsazione, un osservatore posto 1.25 millisecondi luce (375 chilometri) più distante dalla sorgente al tempo T osserverà un minimo. Saremo in disaccordo completo.
C’è un altro problema, quello del confronto con le osservazioni fatte mesi fa.
In qualche mese la terra di sposta considerevolmente nella sua rivoluzione intorno al sole, quindi le vecchie osservazioni risentiranno di un effetto analogo: anche tenendo conto della differenza dei tempi di osservazione, la radiazione ha viaggiato distanze molto diverse e qui parliamo di minuti luce, non di millisecondi.
L’ideale sarebbe osservare tutti sempre dalla stessa posizione, in modo che la distanza dei nostri strumenti dalla sorgente sia sempre la stessa.
Ovviamente questo non è possibile, ma noi conosciamo la posizione della terra e dei satelliti con precisione, quindi possiamo calcolare come sarebbero tutte le nostre osservazioni se gli strumenti fossero sempre nello stesso posto.
Rimane da scegliere il posto giusto: nel nostro sistema solare c’è un solo punto di riferimento che non si muove: il baricentro del sistema solare.
Per via della presenza dei pianeti, alcuni dei quali come Giove piuttosto massicci, il baricentro del sistema solare non è il centro del sole, ma un punto che a seconda della posizione dei pianeti è a volte dentro il sole e a volte addirittura fuori. Questo perchè il baricentro è fisso, ma il sole no e gli orbita intorno insieme agli altri pianeti. Attualmente è fuori. Calcolare la posizione del baricentro del sistema solare in un dato istante non è un gioco semplice e nessuno vuole mettersi a fare i conti.
Fortunatamente tutti i dati sono tabulati dal Jet Propulsion Laboratory di Pasadena, in California e rimangono solo da fare i conti relativi alla posizione del proprio strumento, molto più semplici e per cui sono disponibili programmi software.
Una volta fatte le osservazioni insomma ci troviamo tutti al baricentro del sistema solare per confrontarle e questo si fa per tutte le sorgenti per cui bisogna coordinare i tempi di osservazione.