La curiosità del mese a cura di Gabriele Ghisellini
Da sempre l’umanità ha cercato di capire il mondo che la circondava, dapprima creando miti, leggende, e trasmettendo oralmente le scoperte che faceva. Poi, una volta inventata la scrittura, la trasmissione della conoscenza si è fatta enormemente più efficiente potendo raggiungere chiunque. Infine, con la nascita della scienza, abbiamo cercato di penetrare i segreti della realtà avendo a disposizione un metodo, quello scientifico, che ha permesso una vera e propria esplosione del nostro sapere. Ma fino a tempi molto recenti, l’oggetto principale delle nostre indagini sono stati i fenomeni elementari. Come funziona l’atomo, cos’è la luce, come è fatto un corpo umano, come funzionano le varie parti di una cellula. Abbiamo sminuzzato, diviso, parcellizzato, ridotto. Abbiamo anche creato una parola per descrivere questa tendenza: riduzionismo. D’altra parte è più di un secolo che sappiamo che la materia, tutta, è fatta di atomi, e ci siamo sforzati di capire come funziona un atomo. Il motivo è semplice: prima di capire delle cose complesse, abbiamo voluto capire come funzionano i mattoncini di Lego di cui è fatta tutta la realtà: le particelle che – non a caso – chiamiamo elementari.
Questa indagine continua ancora oggi, perché rimangono un sacco di cose da capire delle particelle elementari. Un esempio? Non sappiamo che cosa sia la materia oscura, nonostante sia ben 5 volte più abbondante della materia che conosciamo. Sarà dovuta ad una particella che dobbiamo ancora scoprire? Per non parlare all’energia oscura, che contribuisce al 70 per cento del contenuto del nostro Universo…
Ridurre cose complicate ai minimi termini è stato necessario per capire come funzionano i mattoncini di Lego, e sicuramente questo approccio della scienza ha avuto un successo clamoroso. Ma non è tutto, e non possiamo fermarci qui. Con questo approccio rimangono fuori dall’indagine scientifica le cose che invece vorremmo capire: cosa sia l’intelligenza, la memoria, la coscienza, come funziona una società e come si evolve, come le varie unità del nostro corpo collaborano, come gli individui di una società si organizzano, come si odiano, e così via. Insomma, vorremmo capire i sistemi complessi. E cosa intendiamo con queste parole: “sistema complesso”?
Pensiamo ad un insieme di cellule. Per esempio a dei neuroni. Il nostro cervello, da giovane, ne contiene circa 100 miliardi, anche se ogni giorno ne perdiamo alcune migliaia. Cominciamo a perderli addirittura prima di nascere. Ma niente paura, è l’evoluzione che ha fatto sì che questo accadesse, per permettere di far sopravvivere i neuroni che ci servono: quelli che usiamo.
Se analizziamo il funzionamento di un neurone singolo, non troveremo certo tracce di intelligenza, frammenti di pensiero, o vagiti di autocoscienza. Se invece li mettiamo insieme, ecco che succedono cose nuove. In linguaggio moderno: mettendo insieme tanti elementi ecco che “emergono” delle proprietà inaspettate, che la scienza riduzionista non poteva prevedere né spiegare.
L’insieme è di più della somma delle parti.
C’è una ragione semplice per spiegare questo fenomeno: quando mettiamo insieme N elementi singoli, l’insieme non contiene soltanto N elementi, ma anche tutte le interazioni tra loro. Che possono essere molte di più di N.
Facciamo un caso molto semplice, senza tirare in ballo i neuroni, che tutto sommato sono delle cellule già complicate. Pensiamo a degli atomi di idrogeno e di elio, gli unici elementi ad essere abbondanti dopo il Big Bang. Finché erano sparsi dappertutto non erano molto interessanti, e le loro proprietà si potevano descrivere studiando un atomo qualsiasi (che è quello che fa il riduzionismo). Ma a poco a poco questi atomi hanno interagito, attraverso la gravità, e si sono raggruppati, hanno formato delle strutture che si sono contratte sotto la forza di gravità che producevano esse stesse, fino a far nascere una stella. Sono cominciate le reazioni termonucleari, la creazione di elementi nuovi, l’emissione di luce e calore. Chi l’avrebbe detto, che un povero e inconsapevole atomo di idrogeno avrebbe partecipato alla costruzione di una stella?
I neuroni sono collegati tra loro tramite degli interruttori chimici, che chiamiamo sinapsi, che hanno il compito di lasciar passare o no un impulso nervoso. Come i transistor dei chip dei calcolatori. Svolgono un compito essenziale, eppure il meccanismo è semplice. E quando ne mettiamo insieme un milione di miliardi (visto che ogni neurone può avere diecimila sinapsi) abbiamo un cervello umano.
La coscienza è figlia della complessità. Ma allora, quando sapremo mettere insieme abbastanza transistor nei nostri calcolatori, sarà possibile avere dei computer autocoscienti? Non lo sappiamo, ma devo essere sincero: io penso di sì.
La fisica della complessità vuole studiare le proprietà che emergono quando si mettono insieme tante cose che possono interagire tra di loro. Va da sé che è un compito difficilissimo, lo dice il nome stesso… Ma è anche un compito affascinante.
È uno studio che sicuramente ha affascinato Giorgio Parisi, insignito del premio Nobel 2021 per la fisica, proprio per aver studiato dei sistemi complessi. Un esempio? Gli stormi di uccelli. Quante volte rimaniamo impressionati dal volo coordinato di centinaia di uccelli che sembrano descrivere delle figure nel cielo, come se fossero telecomandati… Ma non lo sono. Ogni uccello decide di seguire quello che fanno i suoi compagni davanti e a lato di lui. Si adegua. E con questa interazione semplice lo stormo riesce a fare delle figure complicate. Pensiamo anche, come ci racconta lo stesso Giorgio Parisi, che gli uccelli che sono davanti (in prima fila) hanno più potere di indirizzare l’intero stormo, ma una volta che la formazione fa una svolta a 90 gradi, questi uccelli non sono più davanti agli altri, ma a lato dello stormo… come se l’incarico di guidare gli altri durasse pochi secondi. Una regola di turnazione che non avremmo mai immaginato studiando un uccello solo… Trovare delle regolarità nella complessità è il compito che attende la fisica dei sistemi complessi, ed è proprio quello che è riuscito a fare Giorgio Parisi. L’oggetto di studio della fisica sta cambiando…