Astrocuriosità | marzo 2018 – Pulsar in accrescimento e strumenti ingegnosi

La curiosità del mese a cura di Tomaso Belloni

Immagine Tomaso Belloni

Nella nostra galassia esistono molti sistemi binari in cui una delle componenti è una stella di neutroni con un forte campo magnetico.
In passato abbiamo parlato di sistemi con basso campo magnetico (100 milioni di volte quello della terra) e con altissimo campo magnetico (10000 miliardi più di quello terrestre). La maggior parte dei sistemi però hanno un campo magnetico di 1000 miliardi di volte quello terrestre.
Questi sistemi vengono scoperti nei raggi X, osservando le pulsazioni della radiazione dovuti alla rotazione della stella di neutroni.
Al contrario delle pulsar isolate, che hanno in genere un campo magnetico simile, qui l’energia per l’emissione non proviene dalla rotazione della stella, ma dall’accrescimento di materia proveniente dalla stella compagna, con forte emissione X.
Dato il forte campo magnetico, la materia in arrivo viene incanalata verso i poli magnetici, dove impatta sulla superficie della stella di neutroni.
Visto che l’impatto è su un polo piuttosto ristretto e l’emissione deve venire dallo stesso polo su cui “piove” materia, la distribuzione angolare dell’emissione è complessa e non molto collimata, per cui è relativamente probabile vedere la pulsazione da terra.
Ne conosciamo attualmente più di 200, con periodi di rotazione della stella di neutroni che vanno da 69 millisecondi a 36200 secondi, cioè poco più di dieci ore.

Dato che la grande maggioranza ha una stella compagna molto giovane, il sistema deve essere giovane e infatti si trovano tutte molto vicino al piano della galassia, dove nasce la maggior parte delle stelle.
Curiosamente, nella piccola Nube di Magellano, una galassia visibile a occhio nudo nell’emisfero australe (insieme, è quasi ovvio, alla grande Nube di Magellano) e molto più piccola della nostra galassia, sono state scoperte una sessantina di questi sistemi (e una sessantina di sistemi simili in cui non si sono viste pulsazioni).
Fra questi sistemi ci sono sia sorgenti persistenti che transienti e ci si aspetta che la materia che accresce sulla stella di neutroni ne acceleri la rotazione, al contrario delle pulsar radio isolate, che emettono a spese dell’energia di rotazione e quindi si vedono rallentare.
Prima degli anni 90 però era difficile seguire l’andamento del periodo di rotazione, dato che per misurarlo bisogna puntare la sorgente e le possibilità di osservazione con strumenti X erano limitate.

Quello che ha cambiato la situazione è stato il satellite Compton Gamma-Ray Observatory (CGRO) della NASA.
Oltre a diversi strumenti per puntare oggetti celesti e osservarli nei raggi gamma, CGRO aveva a bordo otto strumenti per rivelare raggi X.
Il satellite era molto grande e dalla struttura rettangolare. Per semplicità, immaginatevi un autobus (anche se non ci assomigliava per niente).
Ognuno di questi strumenti rivelava raggi X da metà del cielo ed erano piazzati agli otto vertici dell’autobus, ciascuno puntato verso l’esterno.
Ciascuno di questi strumenti poteva solo misurare l’intensità della radiazione X proveniente dalla metà di cielo che vedeva, ma combinando le informazioni degli otto strumenti si poteva localizzare una sorgente transiente ed infatti era stato pensato per i lampi gamma e ha fornito risultati eccellenti.
Per le sorgenti persistenti non si poteva fare molto, dato che la loro radiazione era mescolata a quelle di tante altre sorgenti nella metà cielo di ogni rivelatore.
Però le nostre pulsar in accrescimento, spesso piuttosto brillanti, non sono sorgenti qualunque: la loro caratteristica è quella di mostrare pulsazioni.
Ciascuna con un periodo diverso e caratteristico, proprio come i fari costieri.
Quindi quando uno di questi oggetti era nella metà del cielo osservata da uno dei rivelatori si poteva fare un’analisi del segnale e una periodicità specifica si poteva rivelare anche in presenza di raggi X da tante sorgenti, che però non mostrano quella periodicità.
In pratica si è potuta avere per anni una misura giornaliera del periodo di rotazione di queste pulsar e quello che si è visto è qualcosa che non ci si aspettava.
Invece di accelerare progressivamente, le rotazioni seguono dei periodi di accelerazione e dei periodi di rallentamento, entrambi alla stessa velocità, anche se in molti casi su lunghi tempi c’è accelerazione.
Questo può essere spiegato con periodi di maggiore o minore accrescimento, ma non è ancora completamente spiegato.
Torneremo sulle pulsar in accrescimento. Per il momento abbiamo visto che per seguire dei fari non c’è bisogno di puntarli con un telescopio, perchè ognuno di essi ha un segnale caratteristico. Basta rivelare radiazione.
Ovviamente se con questo metodo si scopre una periodicità nuova non è possibile sapere da dove venga esattamente, ma per questo c’è un altro metodo, di cui parleremo in una delle prossime curiosità.

Fig. 1 - Immagine artistica di una stella di neutroni in un sistema binario in cui accresce materia a discapito della stella compagna e in cui si vede l’emissione ai poli. Crediti: NASA/Dana Berry.
Fig. 1 – Immagine artistica di una stella di neutroni in un sistema binario in cui accresce materia a discapito della stella compagna e in cui si vede l’emissione ai poli. Crediti: NASA/Dana Berry.
Fig. 2 - Immagine suggestiva del cielo in Nuova Zelanda in cui, oltre alla Via Lattea si possono vedere la piccola (a sinistra) e la grande (a destra) Nube di Magellano due galassie satellite della nostra poste a distanza di circa 200.000 e 157.000 anni luce rispettivamente. Crediti immagine: APOD dell’11 giugno 2014.

Fig. 2 – Immagine suggestiva del cielo in Nuova Zelanda in cui, oltre alla Via Lattea si possono vedere la piccola (a sinistra) e la grande (a destra) Nube di Magellano due galassie satellite della nostra poste a distanza di circa 200.000 e 157.000 anni luce rispettivamente. Crediti immagine: APOD dell’11 giugno 2014.
Fig. 3 - Il satellite della NASA Compton Gamma-Ray Observatory (CGRO) lanciato nel 1991. Scopo principale studio dei raggi gamma che fece per ben 9 anni. Crediti immagine: Nasa.
Fig. 3 – Il satellite della NASA Compton Gamma-Ray Observatory (CGRO) lanciato nel 1991. Scopo principale studio dei raggi gamma che fece per ben 9 anni. Crediti immagine: Nasa.