La curiosità del mese a cura di Tomaso Belloni
La frase originale pronunciata da Rutger Hauer in Blade Runner parla della “spalla di Orione” e la spalla di Orione è la stella Betelgeuse, di cui si è parlato molto negli ultimi mesi.
Le navi da combattimento noi umani non le abbiamo viste, ma Betelgeuse si vede bene anche ad occhio nudo ed è una delle stelle più luminose del cielo estivo dell’emisfero nord. Si tratta di una stella supergigante rossa, quindi una stella nelle fasi finali della sua vita, con una massa 15-20 volte quella del Sole e un raggio di 1000 volte quello solare. Se la mettessimo al posto del sole arriverebbe quasi all’orbita di Giove, ma fortunatamente si trova a circa 600 anni luce da noi.
Betelgeuse varia nel tempo: quando è al minimo è brillante come l’altra spalla di Orione, Bellatrix, arrivando tre anni dopo a rivaleggiare con il piede destro, Rigel (che però è blu e non rossa). A fine 2019 però la stella ha cominciato a diventare rapidamente sempre meno brillante, arrivando a inizio 2020 al livello di Castore (la stella di destra dei due Gemelli). La cosa ha fatto scalpore anche sui giornali e nei social media perché c’è chi ipotizzava che una variazione così repentina avrebbe potuto essere un sintomo della prossima morte della stella. Per morte di una stella così massiccia si intende un’esplosione di supernova!
L’ultima supernova osservata nella nostra galassia è stata quella di Keplero nel 1604, pochi anni prima che Galileo Galilei puntasse per la prima volta un telescopio verso il cielo, quindi non abbiamo mai visto cosa succede a una stella prima dell’esplosione. Anzi, nell’unico caso di una supernova vicina, quella del 1987 nella Grande Nube di Magellano, addirittura la stella che è esplosa non era nemmeno lontanamente considerata un candidato possibile. Quindi chi lo sa? E visto che i tempi per le stelle sono piuttosto lunghi, nessuno può calcolare quando l’esplosione avverrà.
Poi in pochi mesi Betelgeuse è tornata brillante come prima, anche se la notizia non è arrivata sui media, sia perché non così eccitante (“Betelgeuse ora è tornata normale” è l’equivalente giornalistico di “cane morde uomo”), sia perché nella primavera del 2020 avevamo problemi più importanti di cui occuparci della “guarigione” spontanea di una stella.
Betelgeuse è così grande da essere stata la prima stella, dopo il Sole ovviamente, ad essere osservata come immagine e non come semplice punto di luce. In altre parole, con tecniche osservative particolari è stato possibile ottenere una mappa della sua superficie, naturalmente non molto dettagliata. Questo tipo di osservazioni è stato effettuato anche durante il periodo di attenuazione della sua luminosità con il Very Large Telescope dello European Southern Observatory (ESO) nel deserto di Atacama in Cile e i risultati, pubblicati quest’anno, sono stati spettacolari. Si è visto che l’evento è stato causato da una nube scura che ha coperto parte della stella, attenuandola. Non essendosi vista spostare, si è escluso che si potesse trattare di una nube “di passaggio” davanti alla stella, quindi doveva provenire dalla stella stessa.
Quello che è successo è che Betelgeuse ha espulso una bolla di gas, cosa che fa normalmente. Questa bolla però era particolarmente grande. La bolla si è raffreddata e il gas è condensato in polvere, diventando una nube scura che ha oscurato parte della stella. Un grosso “ruttino” stellare che dimostra come la produzione di polvere possa essere anche molto rapida nella galassia. Betelgeuse mostra che una stella supergigante rossa perde massa non soltanto in modo continuo, ma anche come un calderone scoppiettante. Un calderone molto grande, ma anche molto rarefatto dato che la densità media di Betelgeuse è poco più di un centesimo di quella del Sole.
E la supernova? Per quello che sappiamo dell’evoluzione stellare, quella sarà la fine di Betelgeuse. Quando esattamente non possiamo dirlo, le nostre stime non sono abbastanza precise. Sembra però che sia possibile che l’esplosione arrivi senza nessun segno premonitore, per cui, polvere o non polvere, potrebbe anche essere domani, nel qual caso anche noi umani vedremo cose interessanti al largo dei bastioni di Orione.