La curiosità del mese a cura di Tomaso
In queso periodo siamo tutti bloccati in casa e ci viene detto continuamente di praticare un distanziamento sociale, non andare in luoghi affollati e mantenere una distanza minima di 1-2 metri dagli altri individui.
Si tratta di misure importanti e significative, anche se ci fanno sentire rinchiusi e vanno contro la natura sociale dell’essere umano.
Circola in questi giorni una battuta su facebook che invoglia a diventare un astronomo, dato che pratichiamo il distanziamento sociale dal 1609.
L’anno si riferisce alle prime osservazioni celesti con un telescopio fatte da Galileo Galilei.
Naturalmente l’immagine dell’astronomo che vive solitario nel suo osservatorio e spende le notti osservando al telescopio, due condizioni ottimali per non incontrare mai nessuno, è leggermente obsoleta ed in ogni modo grandemente esagerata.
Ai tempi nostri l’astronomia non funziona in questo modo ed il contatto, se non diretto almeno a distanza, è essenziale.
Che cosa è cambiato per un astronomo dall’introduzione delle misure di contenimento del contagio?
Solo pochissimi possono recarsi al lavoro nel loro osservatorio o istituto di ricerca, quelli che non possono evitarlo.
Gli altri devono restare a casa come tutti e lavorare in remoto.
Io scrivo questo testo sul computer portatile da casa, fortunatamente in un’era dove le connessioni internet sono buone e diffuse altrimenti sarebbero guai.
Tutto quello che posso fare dall’ufficio, con poche eccezioni di cui parlerò tra poco, posso farlo anche qui e le collaborazioni nazionali e internazionali si fanno comunque a distanza per la maggior parte del tempo.
Questo però non è vero per tutti.
Chi lavora normalmente in un laboratorio per lo sviluppo di strumentazione astronomica ad esempio non può farlo da casa.
Chi lavora con studenti affronta dei problemi che possono arrivare ad essere insormontabili. I computer e i dati necessari sono in ufficio e non sempre accessibili remotamente.
Tutti programmi dei prossimi mesi sono stati rivoluzionati.
Conferenze sono state annullate o posticipate di diversi mesi.
Scadenze per domande di osservazione sono slittate a date future.
Chi fa osservazioni da telescopi sulla terra non può andare ad osservare e non tutte le osservazioni possono essere fatte in remoto.
Chi osserva dallo spazio in linea di principio non dovrebbe avere problemi, dato che sono i dati che arrivano all’osservatore e non viceversa, ma un osservatorio spaziale deve essere controllato da terra e questo richiede il lavoro di diverse persone che ora non possono andare a lavorare, quindi anche qui i problemi ci sono.
Tutte le visite scientifiche sono bloccate.
Insomma, c’è chi ha problemi molto più seri degli astronomi.
Per trovare un contatto fra l’astronomia e le pandemie dobbiamo andare indietro di qualche decade.
L’astronomo britannico Fred Hoyle, famoso per il suo contributo fondamentale alla teoria della nucleosintesi, cioè lo studio di come si sono prodotti gli elementi chimici a partire da un universo iniziale composto solo di idrogeno ed elio, insieme al collega indiano Chandra Wickramasinghe, ha proposto negli anni ’70 del secolo scorso che la vita sulla terra sia arrivata dallo spazio.
Secondo questa teoria l’evoluzione sulla terra è stata influenzata da arrivi di virus portati dalle comete.
Hoyle e Wickramasinghe hanno proposto che anche la grande pandemia di influenza del 1918 sia iniziata simultaneamente in diversi luoghi della terra provenendo da una cometa.
Quest’ultima ipotesi è universalmente scartata dagli esperti.
Da noi c’è chi accusa i cinesi, c’è anche stato chi accusava gli alieni!
Come sempre le risposte sono più complicate.
Purtroppo adesso sappiamo abbastanza bene da dove partono e come si sviluppano queste pandemie e le comete ci hanno poco a che fare.
Però il grande scrittore di fantascienza statunitense Isaac Asimov nel 1956 ha pubblicato un divertente racconto che associa un’origine aliena a un altro tipo di fenomeno di cui è sconosciuta l’origine: le barzellette.
Come sappiamo, in tutto il mondo tutti quelli che raccontano una barzelletta l’hanno sentita da qualcun altro e non è mai possibile rintracciare l’inventore originale della barzelletta.
In questo racconto, dal titolo “Il barzellettiere” il protagonista chiede al supercomputer Multivac quale sia l’origine delle barzellette e la risposta, dopo solo un’ora di calcolo è: aliena.
Una civiltè aliena sta facendo esperimenti su di noi: ci hanno fornito di senso dell’umorismo e ci mandano ad arte barzellette per vedere come reagiamo.
Nel momento in cui il protagonista scopre questa veritè, l’esperimento perde il suo valore e viene chiuso: il senso dell’umorismo scompare dalla terra.
Anche questa “teoria” si è rivelata non valida, visto che per fortuna il senso dell’umorismo c’è ancora e ci aiuta ad andare avanti.