La curiosità del mese a cura di Gabriele Ghisellini
Ho visto Stephen Hawking due volte. La prima volta era il 1988, ero appena uscito da una delle librerie di Cambridge e l’ho visto, in carrozzina, che mangiava un gelato. Aveva ancora l’uso delle mani. La seconda volta è stato nel 2002, a casa di Martin Rees, suo coetaneo, che festeggiava il suo sessantesimo compleanno.
Hawking già non parlava più, e riusciva a muovere solo gli occhi. C’era sua moglie, ex infermiera, seduta sulle sue ginocchia, allegra e ciarliera. Proprio come nel film “La teoria del tutto”.
Tutte e due le volte è stato come incontrare una star, che so, Marlon Brando o Charlize Theron in un bar. Incontri che si ricordano, perchè per me Stephen Hawking era un mito, al di là della sua figura iconica dovuta in parte alla sua malattia.
Il guru assoluto della gravità …
In questi giorni si leggono decine di articoli sulla vita di Hawking, sul fatto che a 21 anni i medici gli avessero dato solo 2 anni di vita, mentre di anni ne aveva 76, ma i resoconti delle sue idee più importanti sono rari, perchè sono difficili da capire …
La sua idea più straordinaria è stata che i buchi neri “evaporano“.
Sappiamo a grandi linee cos’è un buco nero, no? Un concentrato di materia che produce una gravità così grande da distorcere completamente lo spazio attorno.
La luce è costretta a seguire le strade rese curve dalla gravità e se la luce si avvicina troppo al buco nero ne rimane intrappolata per sempre, e non esce più.
Ecco perchè il buco è nero …
Per sempre? Parole grosse, per Hawking. Però questo è quello che pensavano tutti, anche lui, fino al 1974.
Allora Hawking ha 32 anni, già debilitato nel fisico, ma non nella mente.
Ripensa alle discussioni con Bekenstein, che credeva che i buchi neri avessero delle proprietà termiche. Dopo avergli dato torto (e anche in maniera vigorosa), ci ripensa. Forse c’è qualcosa di vero in quello che pensa il suo collega.
Comincia il lavorio mentale per trovare una spiegazione fisica, e la trova unendo alcune proprietà della meccanica quantistica con la relatività generale.
Hawking sa, come tutti i suoi colleghi fisici, che lo spazio non è mai vuoto. Pullula di particelle effimere, che rimangono in vita per brevissimo tempo e poi scompaiono.
Il loro nome in gergo è: particelle virtuali.
Per quanto strano vi possa sembrare, questo fenomeno esiste sul serio, nel senso che è stato provato sperimentalmente. Ha ottenuto il certificato di residenza nel pantheon delle idee portanti della fisica moderna.
Dal nulla, compaiono coppie di particelle e antiparticelle, che vivono per un battito di ciglia e poi scompaiono.
Ma altre ne nascono. E a coppie: una particella normale e la sua anti-particella, un elettrone e un positrone, che è uguale in tutto e per tutto all’elettrone, solo che ha carica opposta, cioè positiva, così la carica elettrica totale non cambia.
Hawking pensa: cosa succede quando questo pullulare accade vicino alla regione di “non ritorno” di un buco nero?
Può capitare che una delle due particelle nasca “al di qua” e l’altra “al di là” della superficie di non ritorno.
Una particella precipita nel buco nero, mentre l’altra si salva. Ma in questo modo le due particelle non si possono riunire, e scomparire di nuovo.
Da virtuali, le particelle diventano reali.
Non solo, la superstite scappa via con una energia più grande di quando era virtuale … E tutto a spese del buco nero stesso.
È lui che paga il conto. E l’unico modo per farlo è diminuire la sua massa.
Diminuire la sua massa? Sì, per quanto eretico questo possa sembrare: il buco nero non è completamente nero, e non è “per sempre”.
Emette radiazione (chiamata radiazione di Hawking per ovvi motivi), che fa diminuire la sua massa, fino a farlo “evaporare”.
Lo so, è difficile da immaginare, è difficile da capire, e le mie sono parole troppo povere.
Per far sì che le due particelle siano separate e seguano destini diversi ci deve essere tanta differenza di forza di gravità tra le due particelle.
Questo succede se il buco nero è relativamente piccolo, ma succede di meno se il buco nero è grande.
Se noi cadessimo dentro un buco nero di taglia stellare, moriremmo prima di oltrepassare la fatidica “distanza di non ritorno“.
I piedi sarebbero attirati più della testa (se stiamo cadendo in piedi …).
Questo fa sì che ci sentiremmo stirati, come nelle vecchie macchine di tortura dove piedi e testa venivano tirati da parte opposte.
Ad un certo punto la differenza di forza di gravità diventerebbe così grande da superare la forza elettrica tra le molecole che compongono il nostro corpo, che verrebbe spezzato in due … e poi in quattro, e poi in otto … entreremmo nel buco nero sottoforma di una fila indiana di atomi staccati l’uno dall’altro (solo al pensarci rabbrividisco!).
Ma se il buco nero ha una massa grande, la sua regione di non ritorno è lontana dal centro, e le differenze di forza di gravità si fanno sopportabili …
È per questo che più il buco nero è grande, e più è difficile separare le coppie di particelle virtuali.
La radiazione di Hawking, in questo caso, è minore. Invece, se il buco nero è piccolo, la radiazione è più potente. La potenza è proporzionale all’inverso del quadrato della massa del buco nero.
Quindi, man mano che il buco nero evapora, diventa più piccolo e potente, fino a brillare con una luce intensissima di raggi gamma.
Quando? Beh, fra un bel pò di tempo.
Se il buco nero avesse una massa uguale a quella del nostro Sole, ci metterebbe circa 1067 anni per evaporare del tutto … (1 seguito da 67 zeri …, diecimila miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di anni … una bazzeccola …). Ma quello che conta è il principio.
Hawking non ha vinto il premio Nobel, e questo può stupire molti. Ma una delle regole del premio Nobel c’è che lo si può dare solo a teorie provate da esperimenti o osservazioni specifiche. E lui era troppo avanti per il suo tempo …